La pietra del Gange

Alcuni anziani rishi ancora oggi narrano la leggenda medievale di Bhaskar Nita Narayan III, un ricco Principe indiano del Regno del Punjab, discendente diretto di Sri-Harsha, che si era innamorato, in età di prendere moglie, della bellissima quanto sfortunata Principessa Amshula Nara Kapoor. La ragazza, rimasta vittima del sortilegio di una donna malvagia, era stata trasformata in una comune pietra di fiume e abbandonata lungo la riva del Gange. Apparsa una notte in sogno al giovane, gli aveva chiesto aiuto promettendogli di diventare sua moglie se l’avesse liberata.
Il Principe, giunto alla foce del Gange, capì subito che l’impresa era disperata. Sulla riva del grande fiume vi erano, infatti, migliaia e migliaia di sassi tutti uguali sicché non sarebbe bastata una vita intera per trovare quello che teneva prigioniera la ragazza. Nonostante questo, con la dedizione cieca dell’amore, sicuro che qualora avesse incontrato la pietra di Amshula, l’avrebbe riconosciuta, il giovane si mise all’opera, risalendo pervicacemente il corso d’acqua. Passarono però numerosi anni senza che il Principe ritrovasse la pietra oggetto della sua bramosia. Alti dignitari del Regno, ma anche parenti e amici, preoccupati per le sorti del Principe fattosi uomo, accorsero al suo cospetto per dissuaderlo e aiutarlo. Il Principe, tuttavia, sdegnoso, rimandava tutti indietro, certo di essere ormai vicino a coronare il suo sogno. Trascorsero ancora altri anni e il padre di Bhaskar, Dhanesh, in punto di morte, non vedendo più tornare il figlio prediletto, convinto che anche lui fosse stato colpito da un qualche maleficio, decise di diseredarlo, nella necessità di dare continuità al suo Regno. Il Principe, saputo di quanto accadeva, non si scoraggiò. Avrebbe fatto vedere a tutti che non era impazzito e, ancorché vecchio, sarebbe tornato trionfante nella capitale, con a fianco la sua splendida sposa per reclamare, anche con le armi se fosse stato necessario, quel trono che gli spettava per diritto di sangue.
Una notte, mentre i monsoni stavano spazzando con violenza la zona, prese in mano una pietra che subito sentì calda al tatto. Non c’era dubbio: era la sua Principessa. Baciò l’adorato sasso, lo accarezzò, lo coccolò, gli disse dolci parole d’amore, ma non successe nulla. Rifletté sul da farsi e poi gli venne in mente di essere accanto al Gange che tutto purifica e tutto fa rinascere. Così non ci pensò un attimo e scagliò la pietra lontano da sè, tra i gorghi limacciosi del fiume: subito si fece giorno, i monsoni si acquetarono e il sacro fiume smise di scorrere. Nel punto in cui il sasso era affondato, l’acqua cominciò a ribollire e dalle onde immobili sorse una ragazza bellissima:
«Grazie o mio Principe, per avermi liberata. La tua totale dedizione in tutto questo tempo mi ha scaldato il cuore» disse con voce melodiosa Amshula sorridendo. «Tu mi hai restituito a nuova vita e ti porterò sempre dentro di me. Sono trascorsi, però, giusto cent’anni dal giorno di quel terribile maleficio e oramai è troppo tardi. Mi dispiace mio adorato, non potrò più essere la tua sposa.»
Così la ragazza si trasformò in un enorme e fiammeggiante drago color vermiglio e divorò il Principe.

28 pensieri su “La pietra del Gange

  1. Qualche anno fa mi dedicavo anch’io a questo genere di storie (ricche di morale, dal tragico finale) ma penso che questa sia superiore alle mie, per cui ti faccio i miei più sinceri complimenti.
    E complimenti a sandro per l’ingegnosa analisi.

  2. Il finale sollecita in un duplice modo : gli audaci ad agire, contenti già solo della tensione per raggiungere ciò che desiderano e i prudenti a moderarsi, ponderando le conseguenze possibili.

  3. Il finale stimola in duplice modo: incoraggia, in effetti, i tenaci a lottare, perche’ andare avanti con l’idea della conquista li appaga di per sè e convince coloro che vogliono solo cose certe, magari piccole, a non rischiare.
    Ma ogni persona ha una indole che la porta ad agire in un modo o nell’altro e nessuno può fare di sè quello che gli altri vogliono, se vuole essere felice…anche se potrebbe essere divorato!!!

  4. Può un sogno di vita ingoiare la vita stessa? La tenacia, apprezzabile virtù, può farsi impedimento per ogni altra possibilità? Perseguire un obiettivo con determinazione può offuscare lo sguardo sul resto?
    Queste domande di carattere esistenziale che scaturiscono dalla fiaba mi sembrano del tutto legittime e ottimamente suggerite dalla narrazione.
    Così come il concetto di cura e dedizione come elemento necessario dell’amore, una dedizione che è anche sacrificio e rinuncia.
    Ma questo è un amore a senso unico, di chi si attiva per cercare e della passività di chi attende di essere trovato e, si sa, dove non c’è reciprocità non si può che essere preda dei draghi. 🙂
    Se una fiaba induce tante considerazioni, significa che è ben costruita.

  5. Anch’io l’ho “letta” come Sandro. Non credo sia da vedere per forza come un fatto negativo il fatto che la ragazza abbia mangiato il suo ormai vecchio “ragazzo”. Molto carina e direi verosimile come leggenda. Grazie per avercela raccontata e grazie di essere passato da me 😉

  6. MI viene in mente un Ti amo così tanto che ti mangerei.
    Tuttavia molto più prosaicamente spero che il principe alla fine sia stato indigesto al drago. E scocciante finir divorati dopo tanta dedizione.

  7. Ognuno ha il suo sogno .
    Magari lo tiene lì ed è la sua ragione di vita, prima o poi si avvera. Il drago è la tua paura di non riuscire.
    Meglio cercare di relizzarlo. Il modo , come e quando diventa la qualità della vita. La spinta ad ottenerlo la passione che accompagna il fare.
    E quando hai un sogno, tutto l’universo si adopra per aiutarti a realizzarlo.
    Love
    L

  8. molto bella questa fiaba. non si dice, però, ciò che provò il principe al vedere apparire la ragazza. la gioia di quel momento lo ricompensò di tutta una vita di sforzi? la ragazza che diviene drago e divora il principe non è altro che la cristalizzazione di ciò che stava già accadendo da anni: il principe da anni era stato divorato dall’idea del cercare la ragazza e il fatto che, una volta trovatala, lei lo mangi non mi pare altro che una sublimazione. un passaggio di stato che trasforma ciò che era in potenza. bella fiaba. grazie

Lasciami un tuo pensiero