Un caffè ben zuccherato

«Un caffè» disse l’uomo rivolgendosi al barman che gli dava le spalle. Oreste lo guardò nel riflesso dello specchio senza voltarsi o fare un cenno d’intesa. L’uomo, mai visto prima al bar del Cinghiale, aveva un riporto vistoso che gli copriva malamente parte del cranio mentre un paio di occhiali dalla montatura spessa sembrava volergli ghigliottinare, da un momento all’altro, un naso troppo grosso per quella faccia tonda. Oreste armeggiò alla macchina del caffè con la solita rapidità e, afferrata una tazzina bollente da sopra la Gaggia, la riempì di caffè profumato. «Eccoci» disse piazzando la tazzina sul bancone; il cliente, dopo essersi guardato un po’ attorno, scelse da una ciotola di peltro una bustina di zucchero di canna; la strappò di lato e la versò interamente. Cominciò a girare. Dopo cinque minuti che girava ancora, Oreste gli domandò:
«Qualcosa non va?»
«No no, tutto ok, grazie. È che, se non si mescola a lungo, lo zucchero di canna non si scioglie bene e rimane sul fondo.» Trascorsero altri cinque minuti, l’uomo stava ancora muovendo in circolo il cucchiaino in modo ipnotico.
«Sì, ma quando lo zucchero si sarà finalmente sciolto tutto, il caffè sarà freddo» osservò Oreste che non riusciva a capacitarsi. L’uomo non stava neppure a sentire: mulinava la posata, in modo lento e metodico, assorto nei suoi pensieri. Passarono altri minuti e nel bar si era fatto un silenzio imbarazzante. Oramai si sentiva solo lo sbattere del cucchiaino contro le pareti della tazzina. Il Conte Lodo Tederighi Baldi con una mano in tasca e l’altra a lisciarsi un baffo si avvicinò un poco e azzardò con ironia:
«Credo che alla fine ci farà il buco in quella tazzina…» L’uomo mescolò ancora poi estrasse il cucchiaino dalla tazza e lo posò sul piattino. L’uomo strinse la tazzina per il manico, ma poi ci ripensò; riprese il cucchiaino e, infilatolo nel caffè, prese a girarlo nuovamente in modo cadenzato. Il coro degli astanti fu all’unisono di disappunto. Molti, a quel punto, si avvicinarono allo strano tipo con curiosità, altri girarono la sedia per vedere meglio, uno, addirittura, spense il televisore per non distrarsi.
L’uomo, trascorsi altri interminabili attimi, ripose nuovamente il cucchiaino sulla tazzina afferrando delicatamente con due dita il manico della tazzina. Ci fu un attimo in cui tutti i presenti trattennero il respiro. Poi il cliente staccò finalmente la tazzina dal piattino per portarla alla bocca, ma, all’improvviso, con uno scatto secco, rovesciò il caffè dietro alle sue spalle centrando tre o quattro persone che, raggiunti dal liquido, cominciarono a bestemmiare e a inveire. L’uomo rimase immobile, con un’espressione disgustata.
«E adesso che c’è?» chiese Oreste che ancora non si era ripreso dalla scena cui aveva appena assistito.
Il cliente schioccò rumorosamente la lingua battendola più volte contro il palato; e sospirò:
«Lo sapevo io: è amaro! Lo zucchero non si è sciolto bene!»

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La storia minima ‘Un caffè ben zuccherato‘ è stata pubblicata per la prima volta sulla Webzine

(–> Per i sentieri di Poggiobrusco n. 1)

2 pensieri su “Un caffè ben zuccherato

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