Pilato

toroPiù il tempo passava e più pensava che non fosse affatto giusto. A lui non toccava mai di andare in vacanza: aveva il suo animale da accudire! E ora che era in pensione gli pesava ancor di più essere costretto a restarsene a casa. Aveva chiesto ai suo vicini che se occupassero, anche solo per poco tempo, ma non avevano sentito ragione anche perché lui non aveva mai avuto un buon rapporto con nessuno. 
Una notte, nel cuore della notte, si alzò di soprassalto. Aveva fatto un sogno orribile. Che era morto in quel letto, da solo, dopo una lunga malattia, senza essere mai uscito da quella valle. Allora decise. Si alzò, preparò lo zaino, ci mise dentro quello che aveva trovato nell’armadio e prelevò da dietro il mattone nel muro tutti i suoi risparmi. Sì, sarebbe partito: ma che fare di Pilato? Si risedette di nuovo sul letto a rimuginare, vinto dallo sconforto e dal senso di colpa. Poi guardandosi attorno, vedendosi circondato dalle sue misere cose, capì ciò che era diventata la sua vita: andò nella stalla, prese la cavezza e la slacciò dall’anello attaccato al muro. Si chinò e liberò la zampa dalla catena. Il toro, 850 chili di carne massiccia di razza charolais, lo scrutava incredulo; dopo qualche sforzo da parte del contadino di spostarlo, l’animale lo seguì docilmente caracollando fuori sul prato antistante. L’uomo pensò che, dopotutto, all’interno del recinto il toro avrebbe potuto trovare l’erba necessaria per sopravvivere e due settimane sarebbero passate velocemente. Per maggior sicurezza gli scaricò nella stalla otto balle di fieno ben stagionato e aprì la sistola prendendo a far scorrere l’acqua lungo lo scolo a riempire la vasca pluviale. Diede un pacca sul dorso gibboso del toro e, afferrato lo zaino, cominciò a scendere a valle. Pilato lo guardò per un po’ allontanarsi quindi si voltò indietro a controllare chi mai fosse rimasto a fargli da guardia, ma non c’era nessuno: per la prima volta nella sua vita aveva la possibilità di girare libero nel recinto senza funi o catene. Non riusciva a capacitarsi di ciò che gli stava capitando davvero. Gironzolò per un po’, entrando e uscendo lentamente dalla stalla un paio di volte. Nel suo occhio si rispecchiava un mondo intero e l’aria fresca del mattino saturava le sue froge. Camminò docilmente lungo il perimetro, sporgendo più volte il muso curioso verso i prati più bassi. Poi bastò che con il suo peso si appoggiasse alla staccionata perché si spaccasse in due: per non voler salire, prese anche lui la strada della valle. Vagò per un paio di giorni fermandosi a mangiare l’erba nei prati e a bere l’acqua dai ruscelli. Il quarto giorno scese ancora, puntando verso una brezza carica di profumi e sentori. Il sesto giorno, girata una collina, avvertì quello stesso odore che seguiva da qualche ora e che ben conosceva. Fece un sentiero stretto, a chiocciola, fino a quando si trovò davanti a una recinzione. Una ventina di metri oltre quel punto c’erano alcune mucche anche loro al pascolo. Il fiuto non lo aveva ingannato. Butto giù senza sforzo la recinzione che gli rimase impigliata in un corno. Non ci badò e proseguì il cammino: la sua attenzione era rivolta a ben altro. Il terreno in quel posto era strano, duro, caldo, gli zoccoli risuonavano come non aveva mai sentito. Si fermò dubbioso per un attimo, per pensare il modo migliore per proseguire. In quel mentre una moto a tutta velocità, appena uscita dal tunnel, se lo trovò maestoso davanti a sé a sbarrargli, come una montagna nera, quel tratto di autostrada.

5 pensieri su “Pilato

  1. Bentornato briciola, cominciavo a preoccuparmi…….
    Bel  racconto, ma povero toro!!!!!
    A presto
    Elena 65

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