Una ciotola piena di piselli

La signora Pina sfogliava con attenzione un grosso quaderno a righe, dalla foggia antica e dalle pagine ingiallite. La brossura nera e spessa era in alcuni punti sfilacciata e dal taglio fuoriuscivano foglietti di differente colore e foggia a mo’ di segnalibro.
«Ero sicura che la ricetta della marmellata di susine fosse proprio qui» disse inumidendosi il dito prima di toccare la pagina successiva. La vicina di pianerottolo, una signora anche lei in là con gli anni, la guardava con un’aria di rassegnazione mista a ecumenica pazienza. Il marito anziano della signora Pina, Alberto, seduto al tavolo attorno al quale si trovavano in piedi le due donne, stava invece bovinamente sgusciando dei piselli facendone ogni tanto scivolare qualcuno fuori dalla ciotola per il verso che prendeva cadendo sul bordo lucido. «Ah, eccola qua!» fece trionfante la donna battendo più volte l’indice gonfio su alcuni scarabocchi sbiaditi quasi avesse riconosciuto finalmente l’assassino.
«Allora aspetti che la ricopio» disse Gisa abbassandosi verso il quaderno per vedere meglio.
«Non c’è bisogno», fece l’altra sospettosa «gliela detto io».
In quel mentre Alberto aveva preso a scuotere lentamente la ciotola che teneva con entrambe le mani. Gli occhi erano sbarrati e fissavano un punto davanti a sé senza vedere, le labbra erano serrate per non far srotolare la lingua che gli si stava gonfiando in bocca; sembrava che una scossa di corrente elettrica gli stesse attraversando il corpo scrolandolo più di un lenzuolo al vento. Ad ogni colpo della grossa scodella sul tavolo i piselli rimbalzavano dal pianale a terra come si fosse sgranata una grossa collana verde. La signora Pina chiamò prima a gran voce il marito, incredula per quello che stava vedendo, poi gli tolse la scodella dalle mani accarezzandogli il viso. «Alberto, mio Dio, che cosa ti sta succedendo?» Con l’aiuto della vicina lo coricò con dolcezza sul pavimento slacciandogli il collo della camicia: un filo di bava gli schiumò dalle labbra. 
Gisa, da ex infermiera esperta, inserì subito in bocca all’uomo, di traverso, un cucchiaio di legno perché non ingoiasse la lingua poi, corrucciata, disse: «vado subito a chiamare mio marito». 
«No, rimani qui, per favore, lo chiamo io. Tu sei più utile se resti». La signora Pina si alzò da terra scuotendo la testa: «non capisco, è sempre stato bene». Appena sul pianerottolo si imbatté in un prete che stava uscendo proprio dalla casa della vicina. Era seguito da due chierichetti dall’aria annoiata e distratta. «Ha bisogno che benedica anche casa sua?» le chiese più per dovere di ufficio che per convinzione. La donna, presa alla sprovvista, non rispose pensando a ciò che avrebbe potuto dire quel mangiapreti del marito; si limitò ad irrigidirsi. «Tanto la benedizione che ho appena dato a questa famiglia passa sette muri e vorrà dire che varrà anche per lei» ribatté il prete senza aspettare una risposta. La signora Pina se ne rimase così nel corridoio, senza parole, mentre vedeva la schiena del parroco che si stava allontanando con i due ragazzini che gli ballonzolavano attorno. Poi pensò alla benedizione che passava sette muri e al marito mangiapreti che in cucina si era già alzato in piedi massaggiandosi la testa come l’avesse picchiata contro il pavimento.

15 pensieri su “Una ciotola piena di piselli

  1. speriamo che sia vera la storia dei sette muri…. da noi il prete non entra mai… il cane gli ringhia… noi di meno… 
    solitamente.. suona e scappa via…….

    Bravo, veramente gradevole la storia!

  2. eheheh deliziosa storiella Spero che la signora Pina abbia verificato, rientrando, che davvero il marito abbia tratto vantaggio dalla benedizione!
    Ma… e' vero questa dei sette muri??

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