Un sogno, una notte

sognoEra un sogno denso, avvolgente. Si trovava ancora una volta in quella città che conosceva alla perfezione anche se sapeva bene esistere solo nella sua mente. La sognava ogni tanto ma, quando accadeva, era una gioia profonda, perché lì faceva i sogni più belli. Ora in quel posto si stava occupando della sua nuova casa, fatta di vetro e legno, su una collina dai rilievi dolci: un luogo luminoso come una goccia d’acqua sotto la luce del mezzodì. Poi il sogno si assottigliò piano piano, fino ad assumere la trasparenza di un’ostia sul fondo di un calice. Riaffiorò dal dormiveglia con un sospiro trattenuto, mentre l’abbaiare di un cane fece breccia nel chiarore dell’alba. Si rigirò nel letto: le palpebre erano pesanti e lo avrebbero riportato di nuovo giù, nel profondo del gorgo, se non fosse stato che quell’abbaiare in qualche modo sembrava gli parlasse. Aprì un occhio: tutt’attorno era silenzio. Una voce gli arrivò lontanissima. No, non era il cane. Doveva aver dimenticato la televisione accesa in cucina, perché il suono filtrava da sotto la porta. Sgusciò da sotto le coperte e subito l’abbraccio gelido della notte lo assalì come un assassino. Decise di non perder tempo a cercare la vestaglia e aprì la porta di scatto percorrendo il corridoio a larghi passi. Era arrivato a metà quando si ricordò all’improvviso che la sera precedente non aveva affatto acceso la televisione: era andato direttamente a letto perché era rientrato tardi. Si bloccò terrorizzato. Il suono della tv in cucina gli arrivava ora chiaro e distinto insieme alla certezza che qualcuno era penetrato in casa. Lentamente si accostò alla soglia della stanza con il respiro che gli si era chiuso in gola: una persona, di spalle, seduta su una sedia, stava proprio guardando la sua tv. La riconobbe:
«Mamma!» La donna si girò verso di lui senza alzarsi.
«Oh tesoro, ti ho svegliato? Mi spiace.»
«Mamma, che ci fai qui? Come sei entrata?»
«Avevo tanta voglia di vederti. Tu non mi vieni mai a trovare… ho avuto una nostalgia terribile e ho voluto farti una sorpresa».
«Me l’hai fatta sì! Mi son preso un accidente. Avrai viaggiato tutta la notte, da sola per giunta: ma sei impazzita? Alla tua età fare questi strapazzi!»
«Adesso che fai, mi rimproveri? Non sei forse contento di vedermi?» chiese lei con un moto d’orgoglio non riuscendo a controllare il fremito della testa.
In quel mentre squillò il telefono. Il figlio che non osava entrare del tutto in cucina perché era in mutande, guardò il polso destro. L’orologio era rimasto sul comodino. «Scusami, mamma, vado un attimo a rispondere, sembra che questa notte nessuno voglia dormire». La madre annuì. E mentre lui raggiungeva il telefono in sala pensò che quell’infreddatura l’avrebbe pagata cara.
«Pronto?» fece contrariato.
«Carlo? Scusa se ti chiamo a quest’ora» disse la sorella dall’altro capo del filo. Seguì un lungo silenzio. «Senti, putroppo non c’è un buon modo per dirlo» proseguì lei. Ci fu un’altra lunga pausa. «La mamma è spirata mezz’ora fa.»

7 pensieri su “Un sogno, una notte

  1. Mi aspettavo quel finale e se non fosse arrivato, per quanto triste e straziante, ci sarei rimasta male. Un'altra volta, leggendo le tue storie, mi hai fatto venire la pelle d'oca. Merci! Lola

Lasciami un tuo pensiero