Una nevicata improvvisa

Il trolley scivolava pesante sulle lastre lucide. L’uomo si sentiva molto stanco, di una stanchezza diversa e più profonda rispetto a quella di altri giorni quasi il suo corpo avesse messo all’incasso la cambiale della stanchezza di tutto l’anno. Si diresse alla fermata del bus con la cieca pacatezza di un bove. Vide passare il bus numero 16 e il 22. Un altro 22 e un altro ancora. Se avesse saputo imprecare l’avrebbe fatto. L’unico numero che mancava era quello del suo autobus. Lentamente cominciarono a scendere dal cielo rugginoso fiocchi di neve. Si ricordò che non aveva l’ombrello sicché l’autobus per tornare a casa sarebbe divenuto da lì a pochi minuti indispensabile: la strada però restava vuota. I fiocchi erano pigri, larghi, ostie senza peso: sembravano manna, sembravano cotone sfilacciato, origami di farfalle. Uno spettacolo che riuscì per un momento a rasserenarlo, tornandogli alla mente una nevicata lontana nel tempo, quando i suoi sogni erano ancora intatti e i suoi passi nel mondo testardi e sicuri. La gente si era messa a guardare per aria, colta di sorpresa, come quando si passa di fretta davanti al televisore e ci si accorge che trasmettono un film appassionante ancorché già visto. Per un colpo di vento alcuni fiocchi gli si posarono sul giubbotto. Fu in quel momento che ebbe la chiara impressione che sugli stessi ci fosse qualcosa. Subito immaginò degli esseri piccolissimi che si sbracciavano urlando tutti insieme nella sua direzione, l’urlo muto ed agghiacciante dei superstiti di un mondo in rovina. Non tutti i fiocchi parevano abitati: molti erano deserti, come isole inutili nella deriva dell’infinito. Ne afferrò una manciata, al volo, e sul palmo della mano gli sembrò di distinguere qualcosa di indefinibile che si agitava freneticamente e subito diventare acqua. ‘Oddio’ pensò ‘non è possibile… non è possibile!’ Cercò di afferrare altri fiocchi per controllare meglio, spostandosi a zig zag sul marciapiede, la valigia appresso; così finì addosso a una persona anziana che avanzava con il suo bastone, al braccio di un signore anche lui ben vestito. «Che fa è impazzito?» l’apostrofò la donna stizzita, ritraendosi. «Mi scusi signora, è che…» ma non riuscì a finire la frase. Cosa infatti avrebbe mai potuto dirle? Che andava dietro a una immaginazione malata? Che aveva visto degli esserini minuscoli agitarsi in un fiocco di neve? Nel frattempo arrivò il suo autobus, ma lui non se ne accorse neppure: si girava infatti su se stesso, confuso, come un giocattolo rotto, cercando di capire quello che non riusciva a capire. Trascorsero diversi altri lunghi istanti poi, dalla salita del garage sotterraneo, arrivò una vettura di lusso che gli si fermò accanto. Il finestrino posteriore si abbassò con un ronzio elettrico: era la donna anziana che lui aveva urtato prima. Lei lo fissò, incerta, ma con aria compassionevole; quindi gli disse: «Comunque li ho visti anch’io». «Ha visto cosa?» disse lui scendendo subito dal marciapiede. Il finestrino della vettura era già risalito chiudendosi ermeticamente con un rumore secco. «Ha visto cosa? Ha visto cosa? Me lo dica, la prego!» insistette lui, vociando, in mezzo alla strada dietro la vettura ormai lontana. Alcuni passanti, diretti alla stazione, lo squadrarono incuriositi. Intanto aveva preso a piovere a dirotto.

16 pensieri su “Una nevicata improvvisa

  1. Mi è piaciuto molto! Un racconto che si materializza con forza, come se si stesse guardando un film. Qui poi, è tutto pieno di neve e forse avrei dovuto guardarli meglio questi fiocchi bianchi bianchi. Salutissimi, Lola

  2. Per me erano acari nelle piste da sci…, raffreddati ma sempre acari… 😉

    E la vecchietta, dolcissima? Una dolce fata della neve? No, una bstrda! 🙂

    Cmq queste allucinazioni sono causate dal freddo. Ne so qualcosa io che sabato e domenica ero nei campi da calcio. Ma nn ne fanno di campi sportivi al coperto? Con tutti i soldi che c'hanno…

    Buona settimana
    giulia

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