E il pubblico applaudì

 

Era in ritardo, ‘come sempre’ gli venne da pensare e accelerò il passo. Davanti alla porta del teatro si arrestò come fosse rimasto inchiodato al marciapiede. Mise la mano in tasca e sentì il rassicurante taglio del biglietto. Almeno quello non l’aveva dimenticato. La sala era gremita di pubblico e il vociare insistente, segno di una impazienza montante. Per occupare il suo posto non dovette per fortuna far alzare nessuno: era capofila. Si sedette e cominciò a rilassarsi. Nell’appoggiarsi sul bracciolo alla sua sinistra lo trovò però occupato da un gomito. Apparteneva all’uomo seduto accanto a lui, un tipo allampanato, lo sguardo fisso, la barba di almeno due giorni. Sembrava fosse seduto al tavolino di un’osteria a controllare il livello della birra nel bicchiere.
«Come pensa sarà?» gli chiese dubbioso il ragazzo sperando che il suo vicino, muovendosi, avrebbe lasciato libero il bracciolo. L’uomo fece un balzo, non si aspettava che qualcuno gli potesse rivolgere la parola. Sbatté velocemente tre o quattro volte le palpebre, come per ritornare in sé; si schiarì la voce: «credo sarà un buona rappresentazione» disse calmo in dialetto campano «conosce l’Autore di questa commedia?»«In verità no. Le commedie a teatro mi annoiano mortalmente. Preferisco il cinema, la fantascienza soprattutto. Queste trame invece sono tutte uguali». Il sorriso impacciato dell’uomo si era trasformato in un’espressione interrogativa. «Sono venuto perché mio fratello ha l’abbonamento ed era impegnato» si sentì di dover chiarire il ragazzo: «ci sto solo mezz’oretta poi torno a casa a vedere la partita di Champions». L’uomo si guardò attorno come per chiedere aiuto, ma poi abbassò gli occhi e si strinse nella giacca lisa. «E anche la Compagnia…» proseguì il ragazzo che ancora non aveva conquistato il bracciolo «se non fosse per l’attorone principale, scommetto che sarebbe un disastro. Io non li avevo mai sentiti nominare gli altri che lavorano con lui. Lei sì?»«Sono di scuola» puntualizzò l’altro, serio «hanno tutti fatto la loro gavetta. Se non fossero bravi del resto, l’attorone, come dice lei, non li avrebbe voluti con sé». Il ragazzo voleva ribattere quando le luci calarono, lo spettacolo stava cominciando. Ci fu qualche minuto di silenzio: il buio improvviso pareva aver creato un vuoto pneumatico in sala risucchiando pensieri e persone. Una falce di luce se ne scappò dai lembi del sipario.
«Vicedomini?!? Vicedomini?!! Si può sapere dove sei?» declamò l’attore facendo capolino dal proscenio. «Lo vuoi o no alzare ‘sto sipario! Dobbiamo iniziare! Vicedomini?!?»
Il ragazzo si accorse che c’era del brusio accanto a lui, cui non riusciva a dar retta; solo dopo un po’ distinse delle parole. «Mi fa passare, per favore?» Era l’uomo che gli sedeva accanto. «Proprio adesso?» protestò il ragazzo sottovoce «sta cominciando lo spettacolo!» Ma, visto che l’altro insisteva, scostò d’un lato le gambe. L’uomo gli sfilò accanto e non appena nel corridoio urlò: «Eccomi, eccomi, sono qui, sto arrivando. Ma che modi! Non posso sempre essere dappertutto! Eccomi!». E il pubblico applaudì.

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