L’arbusto era nato così, un po’ stento, un po’ incerto, come un pensiero incompleto che avesse fatto la promessa mai mantenuta di trasformarsi in un sogno. Una grossa magnolia le faceva ombra e le toglieva il respiro, tanto che la piccola pianta cresceva sghemba alla ricerca di un sole che sembrava volerla evitare. Il vecchio giardiniere comunale, rassettando l’aiuola, voleva estirparla non appena la vide diafana come lo scheletro di un fantasma. Ma poi si accorse che l’arbusto era un po’ come lui, solitario, spinoso, dall’aria dolcemente disperata e la risparmiò. Poi la magnolia al termine di quel terribile inverno venne sradicata da un fortunale rabbioso e l’arbusto, rimasto libero da ogni ombra, prese forza scegliendo la direzione del cielo. Mise rami nuovi, radici nuove, un vigore inaspettato veniva su con i venti del mare; nonostante l’estate calda e umida che seguì, non mise però né foglie né fiori. Il giardiniere era perplesso. Una pianta così non l’aveva mai vista. Ma era deciso: a primavera, se fosse rimasta ancora brulla non ci sarebbe stato nulla da fare, avrebbe dovuto zapparla via come si fa con le male erbe. L’inverno venne di sorpresa e fu anche peggiore di quello passato, tanto che a gennaio bruciarono dal gelo i platani maestosi abituati a guardare l’infinito di là delle tegole delle case più alte. L’arbusto però rimase lì, in bilico fra la luce e l’oblio, come se non appartenesse né a questo né a quel mondo e per questo motivo fosse stato risparmiato. E in una giornata di febbraio, candida di galaverna pungente, un biglietto strappato di mano fu strapazzato dal vento fino a infilzarsi su una spina dell’arbusto. C’era scritto:
Dille che non l’amo più, dille che non è più nei miei pensieri, dille ciò che vuoi, ma non che tutte queste cose le ho dette piangendo.
E subito il ramo fiorì. Una pianta di rami glabri da un lato e un rametto carico di fiori dall’altro, con petali di rosso carminio e stami di miele.
Gli innamorati presero allora ad attaccare i loro biglietti d’amore ai rami secchi e spinosi facendo sbocciare nuovi fiori e nuove luci sia che fosse primavera o che fosse autunno o pieno inverno. Il vecchio giardiniere non ebbe più il coraggio di rimuovere la pianta e si sedette a guardarla scuotendo la testa per l’incredulità di quanto vedeva. Allora pensò che forse anche lui in fondo era così. Che aveva in cuor suo sogni addormentati, intessuti di morbido zucchero.
guarda che buffo : http://www.letteraturarinnovabile.com/bacio,Ally
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A volte la bellezza è sottesa dall'apparente bruttezza… come nella natura le farfalle.
bellissimo racconto, bravo come sempre!
amore o compassione?Storia bellissima!:)))
Bellissima!!!!!…Nn mi resta ke dire w l'amore!!! Lavinia
già, l'amore è la linfa vitale, ma sa anche uccidere.
Che meraviglia, questa parte romantica di te….Buona settimana, Bric!TT