Era sempre stata per lui un’ossessione che, con l’andare degli anni, era cresciuta come un lupo feroce in una tana troppo stretta. Le 11.11. Cifre che gli avevano sempre portato sventura, in modo implacabile, senza riparo o pietà. Sorprendersi a leggere per caso quelle cifre in un display, voleva dire, inevitabilmente, che gli sarebbe successo qualcosa di terribile; magari non quel giorno, ma di certo in quelli successivi, come un brigante che attende in agguato il momento propizio nelle penombre del cuore. E nonostante stesse attento a ciò, ogni tanto accadeva. Poteva essere l’orologio del computer, quello del cellulare, di una stazione, di un’insegna. E quando succedeva diventava smanioso, preoccupato, malato di sventura, sino a quando, in forma liberatoria, non gli capitava quanto di sciagurato si aspettava. E tutto ricominciava daccapo.
Poi si mise in testa che sarebbe morto il giorno 11 novembre del 2011. Cioè l’11.11.11. Se lo sentiva, come una forza irresistibile cui la sua esistenza avrebbe dovuto piegarsi. Tanto che aveva preparato in gran silenzio il testamento con cui aveva disposto delle sue poche cose; aveva pagato alcuni debiti rimasti insoluti, chiesto scusa a persone con cui aveva litigato, fatto pace con i suoi genitori. Una mattina di buon’ora si era pure comunicato. Tutto era pronto. E come previsto, nella notte precedente alla data fatidica, cominciò a star male, molto male. La moglie voleva chiamare l’ambulanza ma lui le disse di lasciar perdere. La mattina andò peggio e mentre lui era entrato in una sorte di paralisi di braccia e gambe che lo costringevano a guardare, con gli occhi stupiti, il soffitto sporco di mobili ombre, la moglie chiamò il medico. Sì, è vero, stava per morire, disse loro il dottore diagnosticando una malattia fulminante. Erano ormai le 11. E i minuti passavano lentissimi come non avessero fretta. Del resto lui era lì, immobile senza poter far nulla se non aspettare. Poi, ad un certo punto, raccogliendo le forze chiese qualcosa alla moglie.
«Non capisco cosa mi dici…» fece lei tra le lacrime. «Vuoi da bere?»
Lui scosse il capo e ripeté la richiesta direttamente nell’orecchio della donna che questa volta capì. «Sono le 11.12, perché?»
L’uomo si sentì riavere. Ce l’aveva fatta. Aveva vinto la maledizione. Cercò di tirarsi seduto sul letto, sulle braccia rigide, ma un dolore lancinante lo squassò nel petto come un fulmine. E spirò.
Il medico guardò impassibile la scena trovando così conferma alla sua diagnosi. Quindi lesse il suo orologio da polso digitale. «Ora della morte» disse solennemente «le 11.11».
…la moglie….<ally
maledetto presentimento…:)…
Ormai ti conosco letterariamente abbastanza perchè questo finale me l'aspettassi…Nell'ultima puntata si combatte con il blues! Abbracci.
poveraccio, ci credeva troppo,bello.
E pensare ke il mio numero fortunato è proprio l'11!!!!!Bravo Briciola!!!!Lavinia
Spero di non avere mai di queste ossessioni…seppure soffro di disturbi psicosomatici…mah…sarà vero?Buona settimana!
Con te si sorride sempre!Buona notte, Bric! TT
Grande, Briciola!