Contraddizioni

Stringeva così forte il volante che era sicuro si sarebbe spezzato in due. Se non si fosse trovato sull’autostrada a velocità sostenuta l’avrebbe preso e gettato lontano come un frisbee inutile e lo avrebbe lanciato proprio laggiù, in mezzo a quei tranquilli campi di meliga abbronzati dal sole.
«Cos’è che hai, non stai bene?» gli chiese la moglie guardandolo preoccupata. Lui si morse il labbro inferiore. Vide che il cartello autostradale che gli veniva incontro lo avvertiva che ci volevano ancora duecentodue chilometri per arrivare a casa e lui avrebbe voluto invece già essere lì, per andarsene a dormire e chiudere così in qualche modo quella giornata. «Perché non rispondi?» incalzò lei.
«Perché tu mi contraddici in continuazione, ecco cosa c’è! Qualunque cosa io dica tu dici il contrario. Se dico A per te è Zeta, se dico bianco quantomeno dici che è un bianco leggermente diverso dal mio e così via… Non è statisticamente possibile che tu non possa mai essere della mia idea, che tu debba puntualizzare in continuazione… È snervante, deprimente, dopo vent’anni di matrimonio…»
La moglie lo squadrò meravigliata. Come se quella fosse stata la prima volta che lui le faceva quel discorso. «Non è vero» gli disse dopo un po’, offesa. «Non è colpa mia se ho delle opinioni diverse dalle tue. Scusami tanto se le esprimo. Se non ti do sempre ragione come ai babbei.»
«Vedi come fai? Non ti rendi neppure conto che per convincermi di non contraddirmi mi hai appena contraddetto?»
Lei lo guardò con candore, come se la logica di quella domanda non dovesse riguardarla. Ci pensò un po’ su e poi disse:
«Ma non è vero! Sei tu che ti fissi sulle cose.»
Lui tacque e scosse la testa. Nel frattempo una station wagon lo superò lentamente sulla sinistra. Un bambino sul sedile posteriore gli sorrise dolcemente salutandolo con la mano. Cercò di non guardarlo. Era troppo arrabbiato. Ma poi non resistette e sorrise anche lui.

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