La nuova casa

Aveva aspettato a lungo quel giorno, tanto che sembrava non dovesse arrivare mai. Il calduccio della tana aveva smesso da tempo di essere un luogo rassicurante, per diventare piuttosto un buco soffocante dove i genitori e i fratelli avevano invaso ogni suo spazio. Così una mattina, quando ancora non era chiaro, il tarlo decise di uscire dalla sua casa, determinato a non farvi più ritorno: era arrivato il momento di farsi una nuova famiglia. Volò per la stanza sconosciuta e, dopo qualche tempo, si fermò su una persiana. L’odore pungente e odoroso del legno lo fece però subito fuggire. Non sarebbe stato facile trovare una nuova sistemazione, lo sapeva bene, ma non avrebbe mollato facilmente. L’odore lo spinse quindi sulla credenza. Era di ciliegio e sarebbe andata anche bene se la patina acre di fumo non lo avesse reso poco appetitoso. Volò allora sulle assi dell’impiantito: erano secche, consunte, sottili. Anche a lavorarci un po’ su, non avrebbe avuto molto di cui sfamarsi. Il tarlo cominciò a disperare. A casa, a quell’ora, avevano sicuramente già notato la sua assenza e forse si erano anche messi a cercarlo. Doveva fare presto: se lo avessero trovato lo avrebbero convinto a fare ritorno e sapeva che non avrebbe avuto più il coraggio di ritentare. Ripartì alla ricerca di un rifugio tutto suo con rinnovato entusiasmo. Intanto l’alba stava dilagando attraverso le finestre opache illuminando la stanza e il letto dove il contadino stava ancora dormendo. Volò senza sosta, fino a fermarsi sul manico di una scopa. No, non andava bene neppure quello: c’era odore stantio di sudore ed era oltretutto troppo pericoloso. Provò ancora trovando tuttavia solo ferro, rame e terracotta. Si fermò un poco per riprendere le forze. Poi si spostò in un’altra parte della stanza dove non era ancora stato. Non c’era granché: una stufa rovente, un bidone di ferro, arnesi da lavoro, scarpe, vestiti, un cappello. All’improvviso sentì un profumo invitante: era rovere. Sì, dell’ottimo, delizioso e stagionato rovere. Il tarlo, lasciandosi guidare dalla scia olfattiva, individuò nella penombra il legno e si posò. Era ancora meglio di quanto potesse mai sperare. Il legno era spazioso, croccante, ricco di alimenti. Era proprio quello che cercava. E benché fosse stanco cominciò subito a lavorare in un punto dove la polpa era sufficientemente morbida ma compatta. Ci mise diverse ore prima di costruire un canale così largo da poterci entrare tutto. Non contento, alla fine della galleria, si aprì uno slargo: quella sarebbe stata la sua dispensa e il luogo ove sarebbero state deposte le uova. Era stremato ma soddisfatto. Si rannicchiò da un lato del canale per riposarsi. In quello stesso istante il contadino si alzò. Prese il ceppo di legno dalla catasta e lo gettò nella stufa.

28 pensieri su “La nuova casa

  1. tarlo affumicato ohibò!!lettura chiara e concisa sempre il tuo stile briciolada mangiare come un legnetto di liquiriziaecco quello doveva scegliersi il tarlo, un bel vaso dal caramellaio..abbraccio

Lasciami un tuo pensiero