Ti ricordi?

antiquariatoGiravo a caso per le bancarelle: era il mercato mensile dell’antiquariato. Camminavo per il sole invitante che mi scaldava le spalle, ma anche per frugare tra le cose vecchie e il profumo dei ricordi.
«Quanto costa?» chiesi al vecchio seduto su una sedia antica. «Quanto costa questo bauletto?» ripetei subito dopo alzando la voce per smuoverlo dal suo torpore. L’uomo, gli occhi acquosi e uno sguardo grigio, stirò la fronte come fosse stato colto alla sprovvista e si alzò servizievole. Voleva rispondermi, ma vedevo che non sapeva cosa dire e questo cominciava ad agitarlo. Poi si chinò sul mobile, alzando il coperchio: vide il numero su un’etichetta.
«120. Costa 120 euro» fece soddisfatto. «Le interessava questo tipo di oggetto?»
«Sì, per la verità sì, volevo farne una specie di libreria».
«Capisco. In casa ne ho altri due. Li vuole vedere?» mi chiese schermandosi il volto per il sole basso, indicando nel contempo l’edificio dietro di sé. Così lo seguii per una scala impervia, gli scalini alti e ripidi. Mi chiedevo come potesse passare di lì qualcosa che fosse appena più grossa di una valigia, visto che la sensazione era che la tromba delle scale, salendo, si rimpicciolisse a imbuto. Il vecchio procedeva lento. A un certo punto, stando su uno scalino, dopo non so quanti giri di chiave, spalancò una porta: un’ondata di odori indefiniti mi investì. La casa aveva una sovrabbondanza curiosa di mobili: vi era di tutto il quadruplo e anche di più. «I due bauletti sono questi» disse portandomi dietro a un divano. «Mi scusi per la confusione» si affrettò a dirmi accorgendosi che mi stavo guardando in giro. «Vivo da solo».
Ciò che mi colpì fu che sopra a quasi ogni oggetto c’era un post-it. Su una credenza, vicino a me, il biglietto diceva ‘nonna Lucia’, mentre su una fotografia incorniciata c’era scritto: ‘Paolo e Gianna, a Collefili’.
«Sto perdendo la memoria» mi rivelò con lo stesso tono che avrebbe potuto usare per convincermi a comprare. «Sa, mio nipote mi scrive quei biglietti e me li appiccica alle cose. Io li leggo e mi aiutano a ricordare. Ho il terrore di svegliarmi un giorno e di accorgermi di aver dimenticato di essere vissuto». Il vecchio si rigirava tra le mani una vecchia stilografica: sembrava le parlasse. Poi si diresse a un tavolo e prese due post-it. «I biglietti sono belli e colorati» continuò agitato, «solo che a volte cadono. Questi per esempio…» e me li porse. Su uno c’era scritto ‘Lughi, 1943’ e sull’altro ‘Villa Sparina’. «Sono caduti tanto tempo fa» fece pizzicandosi una guancia. «Non è che mi aiuterebbe a capire da dove?»

9 pensieri su “Ti ricordi?

  1. Raccontare storie è vedere anche la magia, o semplicemente l’unicità nel quotidiano. A volte il ricordo reale è il granello che la fantasia di chi scrive trasforma in valanga. Forse puoi ritrovarti in parte in questa definizione.
    Mi piacerebbe incontrarlo questo tenero smemorato. Lo hai dipinto con poche pennellate e ce lo ha reso come se fossimo noi in quel mercatino.
    Grazie, buona domenica
    NM

  2. Fortissimo!

    In tutti questi anni di blog mi sono imbattuto in vari tipi di blogger. I più sono ‘normali’, ben inteso, come dovremmo essere tutti quanti, altri invece quanto meno ‘ particolari’.

    Innanzitutto c’è il ‘lurker’. Quello cioè che legge, ma non lascia mai un commento, nemmeno per sbaglio. Lo fa un po’ per pigrizia, un po’ per timidezza, ma anche perché ritiene di non dover necessariamente lasciare una traccia di sé; a volte è anche perché è convinto (spesso a torto) di non avere nessuna cosa intelligente da scrivere.

    Poi c’è la ‘groopie’. Ti imbatti nel suo blog e ti accorgi che ha tutto quello ti riguarda: dallo stemmino al banner, dal servizio di newsletter ad alcune vignette; comprendi ben presto che ha letto pressoché tutto del tuo sito, compresi i settecento racconti di cui è costituito. Il che non sarebbe inquietante di per sé se non fosse per il fatto che nel blogroll ha un solo link: il tuo.

    Un’altra figura caratteristica di blogger è quello ‘di passaggio’. Arriva sul tuo sito, di fretta, e di fretta se ne va (per andare a visitare altri blog, sempre di fretta). Non legge assolutamente nulla di tuo, men che meno il post da ultimo pubblicato, e ti lascia un commento che il più delle volte è un augurio: dal buon mattino, alla buona notte, dal buon compleanno al buon ‘tutto’. Spesso ti incolla, a suggello, giusto perché non sembri poca cosa quello che ha scritto, una immagine enorme che appesantisce oltre misura la pagina, un’immagine che ritrae un orsetto che fa ‘ciao ciao con la zampetta’ o un angioletto che svolazza gioioso o una rosa che si schiude con una stilla di rugiada che cade.

    Una variante di questo tipo di blogger è quello che legge le ultime righe del racconto che hai pubblicato. Ovviamente non capisce assolutamente nulla della trama e del senso del post, la travisa o la fraintende, per cui finisce con il lasciare un commento non coerente e incongruo che suona a volte comico.

    L’ultima figura di blogger ha un non so che invece di patologico. Almeno una volta all’anno mi imbatto in quello che ho definito lo ‘stalker-blogger’. È un soggetto che lascia commenti che, per toni e contenuti, diviene ben presto molesto e sgradevole. E tale atteggiamento è mantenuto nel tempo fino a quando ottiene, proprio per il suo proporsi in modo provocatorio e ostentato, visibilità e attenzione. Le sue opinioni sono per lo più aspramente critiche, fine a se stesse, demolitrici, mai costruttive e stimolanti.

    L’intento è di imporsi per il suo linguaggio scomposto o per il presentarsi come ‘di rottura’ del sistema, contro tutto e contro tutti. Si nasconde per lo più dietro l’anonimato o dietro a un account di un proprio blog che, a sua volta, non dice nulla se non che non avrebbe nessun titolo per esprimere giudizi letterari sprezzanti. C’è molta supponenza e ignoranza in questo modo di comportarsi che spesso è dovuta a rabbia mal repressa e bassa autostima.

    L’errore che si può fare con lo ‘stalker-blogger’ (a meno che non diventi offensivo sopra ogni limite di tolleranza) è quello di entrare in polemica con lui. In realtà l’unico modo per dissuaderlo è l’indifferenza, come se non scrivesse affatto. Prima o poi, non ottenendo ciò che vuole, si stanca per rivolgersi altrove.

    I tipi da blog non finiscono ovviamente qui. Ne parlerò ancora un’altra volta.

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