Il pezzo mancante

L’aspirapolvere cominciò a sballottare rumorosamente e di lì a poco il motore si spense in uno sbuffo nerastro. La giovane donna mollò subito ogni cosa sul pavimento, spaventata, rimanendo pensosa sul da farsi; poi si mise a fare dell’altro e lasciò l’aspirapolvere in terra, bruciacchiato, senza neppure riporlo.
Lui ci mise un bel po’ per capire cosa la donna delle pulizie avesse combinato, ma quando, smontando l’apparecchio, trovò conficcato nella bocchetta dell’aerazione un piccolo dado luccicante, anche lui si fece pensoso. Se lo girò tra le mani, soppesandolo, come per chiedersi da dove fosse sbucato: in quella camera i mobili erano infatti tutti di legno a incastro o fissati con chiodi. No, bulloni non ce ne dovevano proprio essere.
Controllò ugualmente dentro l’armadio, sotto il letto, nello spogliatoio: no, non c’era niente che richiedesse l’utilizzo di quel pezzetto di metallo. Avrebbe voluto buttarlo via, ma pensò che da qualche parte c’era una vite in libertà e che avrebbe potuto cadere da un momento all’altro rendendo inservibile chissà quale oggetto importante; e lui non lo poteva consentire che questo potesse avvenire, non nella sua casa. Pensando che il dado potesse essere finito in quella camera da qualche altra stanza, ispezionò tutta la casa, controllando gli infissi, i tavoli, le poltrone, i lavelli, la doccia… ma tutto pareva in ordine.
Dormì male. Durante la notte sognò dadi enormi che lo rincorrevano lunga una ripida discesa fino a quando, giunto trafelato su una spiaggia, venne aggredito da un orribile mostro bulloniforme uscito dal mare. Si svegliò di soprassalto e capì che la sua vita perfetta e ordinata, si era inceppata.
Andò in ufficio di buon ora chiedendo aiuto ai colleghi che per un po’ lo ascoltarono e poi cominciarono a prenderlo in giro. Ritornò a casa di fretta, saltando il pranzo, desideroso di dare inizio a più approfondite ricerche.
Trascorsero però molte altre settimane da quel pomeriggio senza che lui ne venisse a capo. Durante il giorno, e ancor più durante la notte, sembrava che l’intera casa scricchiolasse reclamando il dado mancante. Ogni tanto gli pareva di sentire un rumore, segno inequivocabile che la vite era ormai caduta. Ma poi doveva ricredersi, perché il rumore, se mai c’era stato, non proveniva da casa sua. Comunque una cosa era ormai certa: quelle mura e il suo mondo non erano più sicuri e tale certezza lo faceva star male ogni giorno di più.
pazziaSmise di andare in ufficio e tutto il tempo disponibile lo impiegò in instancabili controlli ed estenuanti verifiche di ogni stanza, ogni mobile, ogni parte di qualcosa che fosse attaccata a un’altra.
Gli telefonò il suo direttore. Lo redarguì aspramente dicendogli che era costretto a licenziarlo per il suo comportamento inqualificabile; che era il caso si curasse seriamente perché era di certo diventato nevrotico e paranoico. Lui non ascoltava, pensava al suo bullone. Ma prima di riattaccare il direttore gli disse una cosa che lo fece riflettere: che il dado gli era caduto dal cervello.
Lui ci pensò a questa cosa. Il direttore era una persona esperta di vita e di lavoro: ne aveva viste di cose lui e poteva aver ragione. Sì, non c’era altra spiegazione: il dado era probabilmente caduto a lui, dalla sua testa. Così andò in cucina e con un coltello affilato si fece un taglio profondo all’altezza della tempia destra. E, finalmente felice, vi conficcò il dado perduto.
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<–  Mama Sunta
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22 pensieri su “Il pezzo mancante

  1. Beh hai avuto una Domenica impegnativa ;))

    Tu non ci perdi bulloni a quanto leggo.. Anzi!!!!

    Bacini al BriciolO

    p.s. ti passo un pezzo di rosa!? ^.*

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