Fedro e il cuore del Santo

Il ragazzo si trovava davanti al prete, le mani riposte dietro la schiena, le spalle un po’ curve.
«Insomma mi posso fidare di te, oppure no?» gli fece don Mino cercando con lo sguardo severo di rovistargli nel cervello.
«Ma certo, padre» disse Fedro evitando di alzare gli occhi. «Vada tranquillo. Me ne occuperò io».
«Mi raccomando però, Fedro, alle 11 e 11, tutti giorni. Un litro di alcol da aggiungere piano piano nella teca. Solo così si conserva il cuore di San Prammatico…»
«Ho capito, padre, quante volte ancora me lo deve ripetere?» E mentre il prete stava per uscire dalla sacrestia con la valigia, il ragazzo aggiunse: «… ma perché proprio alle 11 e 11 minuti?»
«Ti ho già detto anche questo, Fedro! Perché è stata l’ora del suo martirio. Si è sempre fatto così, in suo onore».
«E cosa succede se l’alcol lo si aggiunge mezz’ora prima o un’ora dopo?» Il prete non rispose: si limitò ad alzare gli occhi al cielo e ad andarsene.
Fedro fu diligente. Tutte le mattine, all’ora giusta, si recò in canonica per versare il litro di alcol nella teca, con molta attenzione, come gli era stato prescritto: anche se gli faceva impressione quella cosa violetta e floscia, adagiata sul fondo. Sapeva solo che apparteneva a un missionario del Congo, ucciso cinquant’anni prima da un gruppo di facinorosi. Anni dopo la sua canonizzazione, traslata la bara al paese natale, avevano rinvenuto al suo interno, aprendola, il cuore intatto del Santo e, gridando al miracolo, l’avevano custodito in quel modo. Sì, Fedro fu diligente e puntuale. Tranne l’ultimo giorno in cui si svegliò molto tardi la mattina, complice un sabato sera tirato fino alle ore piccole con gli amici. E trasalì quando, entrando a mezzogiorno e mezza nella canonica, si accorse che il cuore si era come sciolto nel suo contenitore. L’alcol era evaporato completamente e sul fondo c’erano solo tre dita di poltiglia sanguinolenta e maleodorante. Si sentì mancare. Poi ebbe l’idea. Andò dal macellaio di fronte e si fece vendere un cuore fresco di maiale; vuotò febbrilmente la teca nel water posando con delicatezza sul fondo della vaschetta il cuore ‘nuovo’ che sommerse di alcol. Tutto sommato assomigliava al precedente, si disse sollevato squadrando il risultato da qualche metro: il cuore era delle stesse dimensioni ed era pure informe e abbastanza roseo.
«Bravo, Fedro, la sacra reliquia è finanche migliorata di aspetto, come hai fatto?» gli disse il prete tornato dal viaggio. «Proprio un ottimo lavoro! Ho fatto bene a fidarmi di te». Il ragazzo era contento: non aveva mai visto don Mino così soddisfatto.
«Meno male che l’ho trovata, padre» disse in quel preciso istante il macellaio entrando in canonica. «Quando ho saputo che il cuore di maiale era per lei, mi sono preoccupato. Quello che le ha dato il commesso appena assunto è di qualche giorno. Tenga questo, invece: vedrà, con cipolla e prezzemolo, sarà una prelibatezza in padella».

10 pensieri su “Fedro e il cuore del Santo

  1. Oh, qui il riferimento a Maria Lourdes ci sta benissimo.
    E d’altra parte vai a fidarti di uno che si chiamo fedro…, altro che favole nn può raccontarti, lo doveva sapere il prete.

    P.S. Pensa un po’ quando la realtà supera la fantasia: penseresti mai a dei ladri che rubano il mento di un santo?

  2. Porca loca, mi hai fatto spaventare… stavo per andare a nanna e mi sono collegata prima di spegnere il cellulare. Mi è comparsa l’immagine…..spero di riuscire a dormire..’notte ! TT

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