Citycar

La citycar scivolava silenziosa nel traffico. Arrivò ad accostarsi alle strisce pedonali senza fare rumore come avesse finito la benzina e il motore si fosse spento. L’uomo al volante sembrava impietrito: la sguardo fisso davanti a sé, regolato sul nulla, le mani strette a pugno sulle razze, le labbra contratte. La donna che in quel momento stava attraversando il viale, arrivata all’altezza dell’ombra della vettura, si fermò a guardare il conducente. Nei suoi occhi c’era disperazione, cupa nostalgia, dolori irrisolti e la donna non ebbe il coraggio di muoversi, né di tornare indietro come se quella disperazione e quel dolore stessero travasandosi nel suo animo in una sorta di inarrestabile contagio emotivo. Il semaforo nel frattempo proiettò luce verde e un’altra macchina si accodò alla citycar rimasta ferma. Il giovane al volante stava per suonare il clacson, ma poi scorse la donna in piedi a un terzo della strada che osservava l’uomo della citycar. Il corpo di lei esprimeva una indecisione innaturale, un dubbio lacerante, un timore ondivago per scelte di vita non più rimediabili. Il giovane si sentì a disagio, turbato, fuori posto e desistette; si limitò solo a spegnere la radio accorgendosi così che si stava irradiando da quel punto un silenzio malato a coprire i frastuoni della città in un’ondata lenta di vernice trasparente di tristezza e malinconia. A quella macchina se ne aggiunsero via via delle altre, a quella donna si aggiunsero via via altre persone come si fossero fermate a riflettere o aspettare o per cercare di capire. Pian piano tutto il traffico si bloccò per centinaia di metri nell’una e nell’altra direzione: la gente se ne ristette immobile, in buon ordine, sui marciapiedi e sulla strada, a guardare quell’unico punto iniziale da cui tutto era cominciato. Passò un tempo infinito, sospeso, inafferrabile, dove l’unica unità di misura era il battito del cuore di ognuno.
Poi la citycar ripartì.

4 pensieri su “Citycar

  1. E’ un racconto molto inquietante. Il motore della citycar che si spegne, lo stato d’animo sopseso, quel silenzio innaturale che avvolge lo strazio di un’anima.
    Inquietante, sì, e molto bello.

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