XY

La signora mora, faccia larga e stazza pesante, si muoveva rapida dietro al bancone, quasi danzasse, toccando i diversi barattoloni delle miscele come in un gioco di società.
«Senta il profumo di questa, è aromatizzata alla cannella» disse radiosa scoperchiando il vaso capiente tenuto in bilico sul palmo della mano.
La cliente era ancora indecisa, distratta dalle indicazioni in bella grafia riportate su tutti gli altri recipienti come volesse aprirli dal primo all’ultimo. Alla fine, nell’aria satura di mille essenze, si accordarono su due etti di tè ai pistilli di croco versati in un sacchetto minuscolo color del mogano.
«Oh… che bel bambino!» esclamò la cliente proprio mentre stava pagando.
«Sì, è mio figlio» rispose la negoziante, setacciandone con le dita i capelli setosi da cinghiale.
«E come si chiama?»
«XY!» fece la negoziante senza batter ciglia. La cliente sembrò diventare una statua ieratica di legno, appena rimossa da una cappella chiostrale e abbandonata lì dal sacrestano. «Sì, non si preoccupi…» continuò la negoziante per vincere l’imbarazzo della signora. «Fanno tutti la stessa faccia. È che dieci anni fa, quando ne denunciammo la nascita, dicemmo all’ufficiale dell’anagrafe, un nostro caro amico, che io e mio marito non sapevamo ancora che nome dargli. Così, in attesa che ci decidessimo, scrisse provvisoriamente sul registro XY. Purtroppo dopo pochi mesi hanno trasferito il nostro amico e con l’ufficiale nuovo non c’è stato più verso di farsi intendere. E così è rimasto quel nome».
«E in dieci anni non ne avete trovato uno diverso?»
«A lui piace, è moderno e originale e poi ci siamo abituati anche noi…» Il bambino sorrideva mostrando di essere d’accordo; giocava a girare ad uno ad uno contro il muro i barattoloni in modo che non si leggesse più il nome della miscela. «Ma ben presto questo signorino avrà una sorellina con cui giocare…» disse ancora gioiosa la donnona accarezzandosi il ventre. «Pensi che io e mio marito l’abbiamo concepita nella toilette di un aereo, a diecimila metri di altezza» fece sottovoce sporgendosi verso la cliente per non farsi udire dal figlio. Poi, raddrizzando il busto e parlando a voce normale: «Su un volo Alitalia. Ed è per questo che abbiamo deciso di chiamarla AZ!»

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