Sala di Attesa

Quando Mario alzò lo sguardo dal marciapiede, appena dopo avervi posato il piede, vide l’amico appoggiato allo stipite di un portone: compulsava un cellulare con un pollice troppo grosso per aver ragione del tastierino.
«Claudio! O come stai?»
L’uomo, sentitosi chiamare, riemerse a fatica dai suoi pensieri strizzando gli occhi per mettere a fuoco l’interlocutore. Si mise dritto per darsi un contegno e allungò una mano grossa e molliccia, senza dire nulla.
«Che ci fai qui?» lo incalzò ancora Mario.
«Ci abito…» fece arrendevole quello levando gli occhi alla sua sinistra in direzione del portone.
‘STIAMO SERVENDO… IL NUMERO… 24!!!’ gracchiò una voce all’interno del locale al là dalla strada. Mario si girò incuriosito. «Cos’è?!?»
«Una Sala d’Attesa…» rispose l’altro telegrafico.
All’interno della sala, che alitava luce fredda e scostante, vi erano numerose sedie occupate da persone di ogni età; dietro al banco, in fondo, riparata da un vetro, una signorina discuteva con il cliente di turno.
«Sala d’attesa di un ambulatorio medico?»
«No».
‘STIAMO SERVENDO… IL NUMERO… 25!!!’ insisteva l’altoparlante. Una persona claudicante si alzò lentamente per avvicinarsi al banco con dei fogli in mano.
«È un ufficio del comune, allora…»
«No, Mario, è semplicemente una Sala di Attesa, punto e basta. La gente va lì, prende il numerino, aspetta il suo turno e poi va a parlare… c’è chi si porta le foto del nipotino, c’è chi si lamenta che non riesce a finire il mese con il proprio stipendio e chi parla solo di sé. Chiacchierano, insomma, e loro ascoltano…»
«Loro chi?» chiese incredulo Mario.
«Sono volontari per lo più, cambiano sempre. Si mettono lì e sentono ciò che la gente ha da dire. Di sale così ne stanno aprendo diverse nella zona. Fa sentire le persone meno sole».
«Non ci credo…» fece Mario che non sapeva se ridere oppure no. «Chi può essere così disperato da…»
‘STIAMO SERVENDO… IL NUMERO… 26’
«Scusa» fece Claudio cominciando ad attraversare la strada. «Ti devo lasciare, hanno appena chiamato il mio numero».

18 pensieri su “Sala di Attesa

  1. L’arte di attendere invisibili che un numero magico possa donarti il possesso di un’identità per un attimo – premio di consolazione per disgrazie veraci. Si potrebbe anche, a scelta, vincere il superenalotto per poi regalare il malloppo ad un amico in tremenda miseria, per potergli chiedere un prestito.

  2. 1- trovo sempre bellissimi i tuoi commenti. Un valore aggiunto al post. E dire che finora ce ne avevi privati!…2- quest’uomo col cellulare in mano mi fa venire una voglia infinita d’abbracciarlo. E d’ascoltarlo.

  3. Si è sempre presi da qualcos’altro e non si ha mai tempo sufficiente per ascoltare. Forse perché ascoltare è fare spazio agli altri dentro di sé, è smettere di pensare solo alla propria vita e soprattutto di credere che la propria solitudine sia più importante di quella degli altri.

  4. La vita è gioia ma, spesso, è anche sofferenza ed ogni essere umano ha diritto di reagire a suo modo e di essere libero di vivere le proprie debolezze. Un posto così? Perché no? Probabilmente, ogni tanto, un saltino ce lo farei anch’io…… Ciao Bric. TT

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