Io sono malato

L’infermiera entrò nella stanza come una furia. Senza guardare diede una manata all’interruttore a muro, grigio di ditate, e azzittì la chiamata: «si può sapere cosa vuole ancora?»
L’uomo con gli occhi chiusi, si agitava nel letto, madido di sudore. «Mi può dare un antidolorifico per la notte?»
«Il medico non ha lasciato prescritto nulla!» disse secca per azzittirlo «… e poi lei non c’ha niente!»
«Come non ho niente!?! Ho dodici punti in gola…»
«Tutte storie. Lo sappiamo benissimo perché lei è qui. Le solite raccomandazioni…».
«Ma cosa dice?» sbottò indicando il fondo del letto «legga la cartella… c’è scritto ogni cosa… ho anche la febbre alta, da ieri, e nessuno se ne preoccupa.»
«Lei è il peggior finto paziente che mi sia mai capitato…» e dicendo questo si girò così velocemente che la crestina bianca tra i capelli le si spostò di lato. L’uomo aspettò nel silenzio che l’infermiera tornasse. Non poteva dire sul serio, non poteva davvero lasciarlo lì in quella condizione.
«Non tornerà» si sentì dire nella penombra accanto a lui.
«Come dice?»
«Lei è nel reparto sbagliato». L’uomo si voltò un poco e vide il profilo di una donna non più giovane che si protendeva verso di lui. «La osservo già da un po’, sa?’: lei deve andare in un altro reparto … a pagamento, s’intende, ma lì i malati ipocondriaci sono presi sul serio… Ho visto i suoi vestiti e il Rolex che ha al polso. Lei è uno che ha mezzi, non perda tempo con noi.»
«Malato ipocondriaco, io? Ma sto male sul serio: mi hanno operato l’altro ieri… due ore di intervento alla tiroide… ho male dappertutto… senta anche la voce com’è rauca!»
«Interpretazione perfetta! Lei è bravissimo, gliene devo dare atto… ma non deve convincere me. Venga, andiamo…» e così dicendo sganciò il freno dalle ruote del letto. «Dobbiamo andar via prima che l’infermiera ritorni».
«Ma dove andiamo?» fece l’uomo preoccupato vedendosi girare tutt’attorno la stanza.
«Nel reparto che le ho detto. Non si preoccupi, ho già fatto la strisciata con la sua carta di credito, il resto lo pagherà a rate, con calma… Vedrà si troverà benissimo».
«Io non voglio andare da nessuna parte! Sono malato sul serio, né ho intenzione di pagare alcunché. Ho il diritto di essere curato gratis, pago le tasse, io, cosa crede?». Il letto, spinto dalla donna, aveva intanto inforcato il corridoio e poi un altro, per poi imbucarsi in un ascensore per lettighe e attraversare un paio di reparti. «Ecco ci siamo!» annunciò la donna trionfante. In un attimo il letto raggiunse una stanza trovando parcheggio in uno spazio vuoto. L’uomo aveva voglia di piangere.
«Allora come lo vuole?» sussurrò un’infermiera apparsa dal nulla mostrando un décolleté vertiginoso profumato di mirra.
«Come dice?» fece lui ancora stordito dalla febbre.
«Come lo vuole l’antidolorifico? Normale, ‘scoppiettante’ o vuole la nostra ”superbumba’?» e strizzò l’occhio.

21 pensieri su “Io sono malato

  1. Se gli ospedali facessero godere di questo humour tragico bisognerebbe pagare il biglietto d’ingresso e mangiare pop-corn.
    Un palcoscenico degno del migliore Walter Chiari. Chiamatemi un’ambulanza, che voglio finalmente ridere un po’ – la realtà dei sani fa pena.

  2. Gli ospedali……….. mamma mia…. ne ho avuto bisogno qualche anno fa per un’intossicazione al fegato………. ( risolta poi abbastanza facilmente) ma mella mia città mi avevano già prenotato i funerali……..
    Fortunatamente sono scappata e a Parma guarita……………
    In bocca al lupo a tutti!!!!!!!!!!!
    Luisa La Spezia

  3. Alcune infermiere, cassiere e impiegate alla posta sembra siano state generate dallo stesso Dio: quello del fancazzismo!!

    PS lavoro rifiutato, ma sono comunque soddisfatta per aver detto io di no… almeno per una volta

  4. Hai detto bene Briciola, a volte ti sembrano chiuse a doppia mandata certe brutte porte, ma poi, inaspettatamente, c’è sempre uno spiraglio che si apre e tutto si solleva che non sembra vero. un bacio.

  5. Ho letto l’ articolo sul tuo ricovero in ospedale ed il post che credo ti sia stato ispirato da quella esperienza e ho ricordato un altro ricovero (quello di mio fratello piccolo)e la situazione grottesca ed assurda che abbiamo vissuto. Pensa che in quell’ospedale napoletano c’erano persone si ricoveravano anche un mese prima di subire un intervento o anche un semplice controllo, per non perdere il posto! C’erano letti ovunque, anche nei corridoi e se non avevi un letto, usavi la classica lettiga dell’autombulanza.E si fumava tranquillamente anche! E così tra sporcizia e puzza di disinfettante misto a sudore, non riuscivi più a capire chi erano i “sani” e chi i “malati”. Credimi, sembrava un girone dell’Inferno dantesco.
    Ti mando un bacio di bentornato e spero che tu ora stia meglio

  6. Ci sono luoghi e momenti in cui i sogni si travestono da incubi e le porte che vorresti restassero aperte ti sembrano chiuse a doppia mandata. Tutto diventa fragile: i secondi,le promesse, il silenzio e la vita, prima di tutto, e ti aggrappi ai ricordi che suonano lontani nella testa. Sì, Buzzati, Kafka e l’ombra indulgente di Beckett.

  7. Terrificante. Il contenuto. Aleggia una solitudine che ghiaccia. Terribile. Il contenuto. Il testo, invece, è bellissimo. Con un clima da “Ai confini della realtà” che tiene il fiato sospeso fino alla fine. La cosa più bella degli ospedali è di certo la porta d’uscita… Che ne montano una diversa rispetto a quella da cui si entra, son certa.

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