La Botola dello Sprofondo

Lo Shuttlebus era partito in orario per Vega T878: se non ci fossero stati intoppi nell’attraversare la fascia di Ioneghenn sarebbero arrivati in orario.
«Pensi che gli farà male?» disse la moglie togliendogli un capello dalla maglia con due dita.
«Di cosa stai parlando?»
«Sto parlando di nostro figlio Paolo. Ha solo tredici anni e questa è la terza volta che lo criotermiamo per un viaggio».
«Ma non ti preoccupare!» fece lui ordinando con un gesto un altro ‘swoosh’. «Hai sentito cosa ha detto il medico? È una ibernazione leggera: in realtà rimane vigile tanto che, con i sensori cerebrali aperti, potrà utilizzare il tempo per mettersi in pari con lo studio… e Dio sa se ne ha bisogno». La donna non era convinta. Guardava fuori dall’oblò, preoccupata, mentre la Galassia Blu sfilava sotto i suoi occhi in tutto il suo splendore.
«Stiamo per oltrepassare la Linea Ancestrale…» fece solenne l’altoparlante.
«La linea… di cosa?» domandò la donna irrigidendosi.
L’hostess, nel porgere il content-drink al marito, spiegò gentile:
«È usanza che quando si oltrepassa con lo Shuttle la Linea Ancestrale 05 si getti dalla Botola dello Sprofondo qualcosa di inutile perché arrivi nella nostra vita qualcosa di utile… Venite, sarà divertente…» e sorrise incamminandosi verso la parte centrale della navicella.
«Potrei buttare via te…» disse la moglie al marito mettendosi a ridere.
«Oppure potremmo disfarci del tuo anticoncezionale elettromagnetico, per quello che ci serve…»
«Va bene…» fece lei spingendo l’uomo perché si alzasse della sua poltrona. «Stasera cercherò di rimediare…»
Intanto attorno alla Botola dello Sprofondo si era formato un capannello di persone. Ogni tanto qualcuno si alzava, faceva una battuta tra le risate generali e poi gettava un oggetto nell’universo scuro che si muoveva lentamente sotto di loro. Si vedevano in lontananza alcune stelle pulsare: una era rossa come il catarifrangente di una shortcar.
«Bene, sembra che tocchi a noi» disse la moglie che stringeva un piccolo e vecchio robot apriscatole.
In quell’istante dal buio dello Sprofondo, preceduto da uno strano vento gelido, entrò nello Shuttle un’ombra opaca che si schiantò poco distante sulla faccia interna della carlinga. La festosità tra i presenti si gelò in un silenzio rattrappito.
«Non toccatela!» ordinò il vicepilota fermando una coppia che si stava avvicinando troppo alla cosa. «Almeno fino a quando non sappiamo cos’è».
«È spazzatura cosmica» esordì uno riprendendo il buon umore. «Assomiglia al deflettore di retroazione che ho gettato via l’anno scorso». Qualcuno azzardò, tra lo spavento, un sorriso.
Nel frattempo era arrivata la squadra di sicurezza nelle apposite tute arancione. Il caposquadra illuminò la cosa con la torcia agli ioduri di vitilene. Sembrava piuttosto il pezzo di un frontalino di una capsula AK773. L’uomo si mosse con cautela per controllare meglio. Ma appena la toccò, la cosa si mosse come se avesse fatto un profondo respiro. Poi cominciò lentamente a fondere il carbonio dello Shuttle.

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