L’attesa

Il maggiordomo entrò leggero nella camera da letto recando con sé il vassoio. Lo posò sul tavolino per poter scostare, con entrambe le mani, le pesanti tende in damascato. Una lama di luce penetrò nella stanza illuminando i corpuscoli di polvere che si rincorrevano pigramente nell’aria. L’uomo riprese il vassoio e si avvicinò al letto.
«Maestà, Maestà… mi spiace svegliarVi… la colazione…»
La donna aprì gli occhi. Si capiva però che era già sveglia da un po’.
«E’ gia ora, Jasper?» biascicò Lei tirandosi su e ricevendo il vassoio con il tè e la frutta. Una rosa appena colta, posata accanto al tovagliolo, rilasciava intanto la sua fragranza.
«… e c’è il Capitano delle Guardie che desidera essere ricevuto…» mormorò ancora Jasper attendendo ordini. La donna fece un cenno bevendo dalla tazza in porcellana che subito catturò i bagliori ovattati del sole. Jasper fece un inchino, in segno d’intesa, poi aprì la grossa porta in legno: un uomo in alta uniforme fece ingresso. E subito s’inchinò.
«No, oggi non deve morire» ordinò la Regina senza neppure guardare il Capitano. Erano dieci anni che tutte le mattine, a quell’ora, il Capitano entrava nella sua stanza. E da dieci anni, tutti i giorni, la Regina pronunciava la stessa frase. Da quando Sir Jerome Brennagh era stato imprigionato e dimenticato nelle segrete del palazzo, la Regina si era arrogata il diritto di decidere giorno per giorno se valeva la pena metterlo a morte oppure no. Ricevuto l’ordine, qualunque esso fosse stato, il Capitano doveva scendere nelle segrete e portare lui stesso, personalmente, la notizia a Sir Brennagh. «Oggi Sua maestà ha deciso che Lei deve continuare a vivere, Sir» gli veniva annunciato ogni volta schiudendo lo spioncino della cella. Sir Jerome Brennagh era reo di aver osato tentennare quando Sua Maestà quel maledetto giorno gli aveva chiesto di sposarlo e da allora si trovava laggiù a ‘riflettere’ tra i topi e i propri escrementi.
Trascorsero ancora molti anni, fino a quando il medico personale della Regina le rivelò che Lei era entrata in menopausa. E quella stessa mattina al Capitano, la Regina con la stessa indifferenza di sempre, gli ordinò che ora Lui poteva morire.
«Chi deve morire, Sua Grazia?» chiese attonito il Capitano.
«Come chi? Non siate insolente!»
Ma in tutti quegli anni si erano succeduti almeno tre Capitani e da tempo quello nuovo entrava nella stanza regale al mattino, sapendo di doverlo fare, ma non sapendo esattamente perché. «Sir Jerome Brennagh!» esclamò irosa la Regina contraendo i muscoli delle mascelle «… e chi altri?»
«Mi perdoni, mia Regina» fece il Capitano confuso. «Da quello che mi risulta sono almeno cinque anni che Sir Brennagh è morto. E’ morto ‘di suo’, voglio dir.». La Regina chiuse il pugno destro che portò al cuore. Guardò dalla finestra l’immenso giardino che circondava il palazzo. Era una giornata bellissima. Chiuse gli occhi e sospirò:
«Non ha avuto neppure la buona creanza di saper aspettare».

6 pensieri su “L’attesa

  1. ^______^ delizioso! Il carattere della Regina è molto british, stupendo.
    Grazie per il passaggio, ho letto di fretta un paio di racconti, mi piace lo stile e le trame sono originali, è raro!

Lasciami un tuo pensiero