Shotfinder

Da quando si era trasferito nel Saskatchewan, quella era la seconda volta che usciva di giorno. Era pericoloso, lo sapeva bene, ma il funzionario di banca era stato inflessibile: il documento per la pratica di mutuo aveva bisogno della sua firma contestuale. Ed era appena uscito dall’ufficio del vicedirettore quando, in coda per il cassiere, la vide:
«Colette?!?»
Una bellissima mora, figura slanciata, capelli lunghi sino alla cinta, si voltò sorpresa:
«Alessio! Non ci posso credere…» I due, qualche decennio prima, avevano avuto una relazione tempestosa e appassionata, poi, quando tutto era finito, si erano persi di vista.
«Che ci fai in Canada?» le chiese l’uomo con un groppo in gola per l’emozione.
«Vivo qui, da sei mesi ormai, ho sposato un canadese… e tu?»
«Io?!?» Alessio ebbe il desiderio di sfogarsi, almeno con lei, dopo anni di esilio e di fughe. Dimentico di dover essere prudente, andarono a bere qualcosa nel bar vicino. «Non me la passo affatto bene, Colette» confessò lui cercandola in quegli occhi selvaggi che tanto lo avevano stregato. «Anni fa ho deciso di cambiar vita. Le persone con cui lavoravo in Italia non l’hanno presa bene… diciamo così…». Colette aveva messo la mano sopra alla sua. La sentiva fremere come fosse quella di un bambino. «E, in poche parole,…» seguitò lui a raccontare «hanno deciso di eliminarmi sparando uno shotfinder
«Un cosa?»
«È un proiettile speciale, di fabbricazione cinese. Una volta sparato ricerca la vittima per ogni dove, per giorni, per mesi, persino anni, fino a quando non incontra il bersaglio, dopodiché esplode».
«Ma che diavoleria è questa?»
«Ha una propulsione a uranio, praticamente infinita, e soprattutto è dotato di un microchip per la ricerca DNA, quello della vittima designata: è infallibile. L’unica via di scampo è far perdere continuamente le proprie tracce cambiando recapito, prendendo tempo, standosene nascosto; insomma, non vivo più». La voce si era velata di disperazione. Lei si sentì di accarezzargli la guancia con tenerezza. Alessio si accese nervosamente una sigaretta rimuginando sui propri pensieri. Gettò il fumo da un lato e poi guardò la donna. Capì che avrebbe potuto amarla ancora. Forse averla incontrata era il segno che qualcosa poteva cambiare in quella sua vita da caccia alla volpe. «Oh scusa… ne vuoi una?» le fece.
«No grazie, ho le mie». La donna tirò su la borsetta. Tentennò. L’aprì. Lo shotfinder, preciso e veloce, sbucò fuori all’improvviso per penetrare nella fronte di Alessio appena sopra l’attaccatura del naso. L’esplosione fu contenuta ma devastante. Il busto dell’uomo si accasciò esanime sul tavolo mentre Colette già stava guadagnando l’uscita.

12 pensieri su “Shotfinder

  1. Questo è terribile 🙂

    Cmq sempre complimenti per la fantasia non è facile creare la suspance e il colpo di scena dei gialli

    Ciao buonagiornata

    Ps l’inter vince ma non per merito delle testate…

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