Le ultime parole famose

Marione era andato via dal paese per trovar fortuna al nord: a vent’anni. Ci ritornò a cinquanta e forse fortuna dovette tutto sommato averla fatta a giudicare dal bel vestito che si portava appresso e dalla montatura degli occhiali che gli assicuravano un’aria da intellettuale pensoso e acculturato. Sposò dopo qualche tempo la vedova Canniti, dieci anni più giovane di lui, andando ad abitare al casolare che il marito le aveva lasciato insieme ad una cospicua rendita di danaro che permise a Marione di sgravarsi dall’onere di lavorare. Aveva preso modi da signore e l’andatura si era fatta altera e misurata come di chi aveva conosciuto i fatti della vita traendone insegnamento. Raccontava di aver ottenuto apprezzabili riconoscimenti là dove era stato e di aver svolto un ‘lavoro di cultura’ senza mai precisare tuttavia che aveva in realtà fatto il commesso in una piccola libreria del centro. Tanto era bastato per renderlo ‘saggio e intelligente’, come dimostrava la sua passione per gli aforismi che dispensava a suo piacimento; dal mattino del lunedì allorché acquistava il Times, fatto venire apposta per lui da Londra (ma che poi, non sapendo l’inglese, usava come lettiera per il pappagallo) fino alla domenica pomeriggio che passava in piazzetta o al bar vicino, giusto per mostrare il suo unico vestito a festa. Le frasi celebri, scopiazzate un po’ qua e un po’ là, le mischiava con esiti improbabili facendo prendere loro un significato indecifrabile e sibillino. Quell’accenno di calibrato sussiego, che sempre lo accompagnava, contribuì a dargli un alone di fascino che fece breccia nel cuore semplice della gente che non si risparmiava di ascoltarlo, il più delle volte senza capirci niente. Trascorsero gli anni e Marione divenne vecchio. Era ossessionato dall’idea di voler lasciare questo mondo con una frase stupenda, il suo capolavoro, che lo avrebbe fatto ricordare ai suoi compaesani come un grand’uomo. Aveva così cominciato a prendere appunti, a scarabocchiare annotazioni, a cimentarsi nel creare detti arguti e profondi. La scelta alla fine ricadde su una manciata di aforismi, uno più bello dell’altro. Al termine di un inverno molto freddo si ammalò gravemente, ma la sua pena era mitigata dall’idea della frase celebre che aveva in mente e che sarebbe stata da lui pronunciata con solennità a momento debito. E appena avvertì, una bella mattina di primavera, dopo una notte difficile e travagliata, che era entrato nell’ultima ora di vita, fece aprire dalla moglie la casa e la sua stanza da letto ove da tempo era relegato; la gente doveva udire le sue ultime parole famose. Stava sentendo scorrere gli ultimi secondi allorché fece un cenno agli astanti per attirare su di sé l’attenzione. Gli amici, i conoscenti, i semplici curiosi si rivolsero a lui, come gli orchestrali al proprio direttore. Era lì lì per parlare, nell’attesa generale, quando il suo intestino, oramai provato dalla malattia, ebbe improvvisamente un prolasso, facendogliela fare addosso.
«Oh merda…» gli scappò di dire. E morì.

17 pensieri su “Le ultime parole famose

  1. Non direi big brothers dio ci liberi!!!hai letto il mio post ?non vorrei che avessi capito male, ma è un semplice scambio di incipit di libri niente i che

    Cmq buonaserata

  2. In genere i tuoi racconti sono come una ragnatela per una mosca: ti ci appoggi e ti catturano in un baleno. Scorrono perfettamnete fino alla fine. Questa volta però – e non me ne volere – ho trovato la lettura un pò farraginosa. C’è un intoppo nel secondo capoverso (…Ci ritornò a cinquanta…) e anche in un altro punto (…dal mattino del lunedì…). Credo che sia una questione di frasi lunghe e/o di punteggiatura. Se ti sembro maestrina dimmelo non lo faccio più. Comunque, finale fantastico.

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