Un mondo mitico

Un lampo di luce si abbatté sul povero Teofrasto. «Oh potente Zeus, perché sei in collera con me? Non ho forse sacrificato sui tuoi altari il mio capretto migliore? Non ho forse acceso la lampada votiva in tuo onore usando l’olio di Zakros a te sacro? Non ho forse…»
«Taci Teofrasto, tu hai commesso un atto di superbia nei miei confronti!» tuonò Lui terrificante.
«Ho la mente confusa… o Re dell’Olimpo, non capisco».
«Sì, sei salito sull’Albero della Sapienza e hai scrutato il Cielo ove è la mi Dimora!»
«C’è un equivoco o potente Zeus, sono salito sul fico solo per sorvegliare mia moglie Eufrasia, donna dai capelli d’oro e dai fianchi di cerbiatta: temo che ella mi tradisca».
«Tu menti e meriti una severa punizione per questo!» detto ciò trasformò Teofrasto in un cespuglio di rovi perché non potesse più ergersi al cielo né tanto meno sorvegliare la moglie; così il più grande degli dei, dopo aver preso le sembianze dell’amante di Eufrasia, Ippomelète, godette delle grazie di quella. Dopo nove mesi nacque un bambino dai capelli color del fuoco e dallo sguardo fiero, cui fu imposto il nome di Ermofane; Lapia, l’ultima ninfa del frassino su cui Zeus aveva posato gli occhi benevoli, gelosa della bellissima Eufrasia, fece però bere al neonato, mischiato al latte materno, una potente pozione che avrebbe fatto sì che qualunque donna un giorno Ermofane avesse baciato sarebbe morta all’istante. La prima vittima del veleno fu proprio la madre Eufrasia, che accudiva amorevolmente il piccolo, e poi un’amica di lei e una nutrice, fino a quando nessuno più volle avvicinare il giovane semimortale, che fu bandito dalla città e costretto a vivere sul Monte Otaxos. Fattosi uomo, Ermofane divenne così bello che Lapia finì non volente per innamorarsene, ma memore di quanto aveva ordito, chiese a Beione, ninfa dei laghi, di aiutarla a sciogliere Ermofane da quel maleficio. In un primo tempo Beione accondiscese, ma poi, veduto di persona il bell’Ermofane, se me innamorò anche lei. Decisa a coltivare quell’amore tutto per sé e di liberarsi della rivale, Beione apparve in sogno a Ermofane rivelandogli che avrebbe potuto liberarsi dall’incantesimo solo se avesse baciato una donna consacrata al dio Zeus: Lapia. Ma nessuno sapeva che gli effetti di quella pozione, preparata del fauno cieco Presippo, che aveva errato nella proporzione degli ingredienti, erano già da tempo svaniti, cosicché Ermofane quando baciò Lapia, anziché farla morire in modo atroce, la fece innamorare perdutamente di lui. Beione, disperata, vagabondò allora per le terre emerse piangendo il suo amore, fino a quando un giorno le sue lacrime bagnarono un cespuglio di rovi, Teofrasto, che, divenuto nuovamente uomo, volle vendicare la morte della moglie Eufrasia trafiggendo con un sol colpo di lancia Lapia ed Ermofane che trovò abbracciati nel tepore della loro alcova. Zeus, saputo che suo figlio Ermofane era stato ucciso…

12 pensieri su “Un mondo mitico

  1. che bella immagine di De Chirico. A casa mia ho un “Ettore e Andromaca”, finirò col metterlo in soffitta perchè mi comunica una tristezza infinita………………..

  2. Ho sempre visto Zeus come un dio annoiato e antipatico, che gestiva il suo immenso potere come se leccasse una caramella.

    Il nocchiere è tornato, sei dei suoi?

    😉

  3. certo che nelle mitologie gli alberi portano solo guai agli uomini! stavolta tutto per un fico… ne conoscevo un’altra dove invece tutti vennero cacciati dal paradiso terrestre per via di una mela!

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