Sino all’ultimo respiro

 

La donna faceva fatica a camminare. Sembrava che il respiratore, troppo grosso per lei, le fosse di peso. Ansimava e le palpebre erano semichiuse dalla spossatezza. Batté con le nocche sulla porticina nella facciata di lato del Palazzo. Ripeté l’operazione più volte, fino a quando la saracinesca non si alzò. Comparve un signore anziano con la fronte sfuggente e una espressione fissa sul volto che lo faceva sembrare stupito. Non aveva orecchie e il labbro superiore era spesso e troppo corto per coprire i denti.
«Cosa vuole?» le disse con voce querula.
«Ho bisogno di altro ossigeno… non per me, ma per mio padre, sta molto male… ha l’enfisema…»
«Ha avuto la sua razione giornaliera, come tutti gli altri, del resto…» fece la Creatura accompagnandosi con un rapido movimento della testa in un curioso tic.
«Lo so, ma respira affannosamente e ne consuma molto di più di quello che ha avuto in dotazione».
«Gliene dia del suo…» rispose quello mostrando anche i denti inferiori in una smorfia ostile.
«L’ho già fatto» fece la giovane donna accorata «ma ne ha bisogno di più, non sopravviverà senza. Si è ammalato perché gli avete somministrato dell’aria avariata, Voi lo sapete benissimo…»
«Siete in arretrato con i pagamenti, cosa pretendevate…? O vi abituate all’aria che c’è o pagate il dovuto. Non avete scelta». In quel momento la Creatura trasse un respiro profondo da branchie porose situate all’altezza del collo e che si erano aperte con un sibilo e subito richiuse.
«Potrei essere ‘carina’ con Te come lo sono già stata in passato…» fece la ragazza cambiando tono.
La Creatura si girò appena e digitò impassibile su una tastiera trasparente. Aguzzò lo sguardo nel leggere i risultati sul monitor.
«Lei ha appena fatto l’esame del sangue e risulta qui che ha una malattia sessualmente contagiosa…»
«Sono malata? Non è possibile!» la ragazza era sconcertata. Il suo respiro si era fatto più frequente. «Se ho una malattia sessualmente contagiosa non puoi che avermela attaccata Tu».
«Questo ha scarsa importanza» comunicò l’Altro scuotendo la testa per il tic. «Noi non siamo più interessati alla sua persona». Detto questo, premette un pulsante che abbassò rapidamente la saracinesca in metallo.
«No, aspetta! Aspetta!» urlò la donna «Ho bisogno di quell’ossigeno!» E prese a battere con forza con il palmo della mano sul metallo gelido, fino a quando una potente scossa elettrica non la scagliò a terra. Il microchip che regolava il respiratore andò in crash. La donna non riusciva a respirare. Tirava su con la bocca dilatata appannando la maschera in un vuoto che si era fatto pneumatico. Rantolava dimenandosi a terra. Era già cianotica quando il microchip riprese a funzionare facendo nuovamente passare un filo di ossigeno.

24 pensieri su “Sino all’ultimo respiro

  1. bello, bello.

    mi è venuto in mente un racconto di Calvino: l’atmosfera della terra era completamente gelata, e per sopravvivere i protagonisti dovevano uscire di casa e prendere una secchiata di ossigeno, poi farla scaldare sul focolare e… ahhhh, un bel respiro.

    sempre in argomento (??), in america ho visto gli oxigen-bar, dove paghi e per 20 minuti puoi respirare aria aromatizzata da strane bombolette colorate.

    bene, esco a prendere una boccata d’aria…

  2. @ cyrano56: La mia scrittura è molto più semplice di quello che si possa immaginare. Non è mai strumentalmente ‘cattiva’ o sadica o compiaciuta degli aspetti torbidi di un racconto. Non ha messaggi in bottiglia da lanciare o inserti subliminali da ‘far passare’ al lettore o, peggio ancora, una sua morale inespressa. E’ solo la pura espressione della mia voglia di scrivere. ,-))

  3. ma sei un finto cattivo o un cattivo vero? (lol) a volte mi chiedo se certi racconti son siano catartici…anzi, ne sono quasi certa. Chissà di chi dovevi vendicarti questa volta 🙂

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