L’indio e il suo destino

Matteo era sopra pensiero mentre si dirigeva verso l’ufficio. Aveva la precisa sensazione di essere seguito. Si voltò: a pochi metri da lui c’era un uomo che, piegato su se stesso, stava raschiando con una fascina di legna il marciapiede come se lo stesse pulendo. La bombetta era calata fin quasi sulle orecchie e il mantello lungo di lana gli arrivava alle scarpe scure e spesse. Matteo rimase per un po’ a guardarlo poi proseguì per la sua strada, ma, dopo un centinaio di metri, preso dalla stessa frenesia, si girò nuovamente. Quell’uomo era ancora dietro a lui, nello stesso atteggiamento. Matteo decise di tornare sui suoi passi:
«Mi può dire cosa sta facendo?»
L’uomo, cui si era rivolto, era indio. Poteva essere alto un metro e cinquanta, il corpo tozzo, il viso largo e gioviale, forse un peruviano. «Sto cancellando tue orme…» disse. Matteo rimase sorpreso da quella risposta che, pronunciata in quel modo, sembrò persino naturale. «Atacatepetl stanotte si è svegliato» proseguì l’indio «ha messo insieme testa, gambe e braccia ed è sceso da montagna…»
«Cos’è? La solita storia della maledizione? Mi vuoi spillare quattrini?» L’uomo era rimasto impassibile. Non aveva capito. «Vuoi soldi?» ripeté Matteo.
«Oh no, no… no moneta. Io spirito guida. Io protegge te. Atacatatatepetl scende per cercare uomini. Ma se niente tracce, non trovarti».
«E se mi trova che mi fa? Mi sacrifica agli dei? Mi mangia?»
All’uomo non piacque quel tono irridente e si risentì. «No, viene a prendere te e porta via su montagna. Nessuno però tornato a raccontare cosa successo poi.»
«Guardi non ho tempo per queste fesserie, la smetta immediatamente di seguirmi…»
«Allora, io non cancello più tracce?» Matteo non rispose e se ne andò. «Almeno metti questo a piedi» fece ancora l’indio mostrando delle buste di plastica da supermercato. Nel constatare che Matteo stava svoltando l’angolo senza dargli retta scosse la testa; si sedette su alcuni gradini per mangiare un frutto tirato fuori dal tascapane a tracolla. Trascorsero circa due d’ore. Poi comparve un bambino dai capelli impolverati, scalzo e seminudo. Camminava lentamente, ma in modo deciso, a capo chino, seguendo una traccia invisibile che solo lui vedeva. Passò davanti all’indio che già era in ginocchio con il cappello a coprirsi il volto al suo passaggio. Il bambino non lo guardò neppure e subito sparì dietro l’angolo.

20 pensieri su “L’indio e il suo destino

  1. Ciao e GRAZIE d’essere passato a trovarmi e lasciato un commento : buon per TE se sei uscito di casa a quell’età !
    Si vede che non ti mancava il coraggio ed avevi spina dorsale per affrontare le incognite che questo passo ti avrebbe messo davanti : credimi oggi i pusillanimi sono la maggioranza e sentono poco la necessità di emanciparsi, rendendosi indipendenti dalla famiglia d’origine……..
    L’immaturità è diventata un Valore aggiunto, che pare sia di moda ( scuse e mezze verità vengono fornite come alibi, ma…..) : praticamente rinunciano a vivere !
    Questi bei racconti sono farina del tuo sacco ?
    Molto belli, complimenti !
    Passa ancora a trovarmi, ch’è mi fa piacere : io tornerò perchè amo molto leggere e qui da TE c’è materia prima eccellente…..
    Un saluto cordiale e Buona Domenica…….Francesca

  2. e pensare che c’è gente ossessionata dall’idea di lasciare una traccia…
    (la migliore che si possa lasciare, però, è nel cuore di qualcuno)
    buon week end 🙂

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