Il treno passa alle 21

Era da dieci giorni che era inchiodato nel letto per la malattia. In un primo tempo aveva lottato contro l’ansia claustrofobica del tempo che stava perdendo, poi era subentrata una sorta di catatonia gelatinosa, di abulia informe che lo stava svuotando dal di dentro.
«È sicuro che non ha altri sintomi?» gli chiedeva il medico rimanendo sulla soglia della camera.
«Sono sicuro» gli rispondeva monocorde Terenzio guardando fuori della finestra.
«Tosse?»
«No».
«Respiro affannoso, senso di oppressione?»
«No».
«Va di corpo regolarmente? Mangia? Dorme?»
«Tutta nella norma. È solo questa febbre a 39° che non passa…»
«Le manderò allora un’infermiera, faremo dei prelievi per gli esami». Erano le 21. Sul cavalcavia, a 500 metri da lì, sfrecciava l’Eurostar. Raggiungeva in quel punto i 350 orari. Era una scia luminosa indistinta, un bolide colorato, una cometa personale tra i binari grigi.
«La devo far ricoverare…» annunciò il medico qualche giorno dopo rimanendo sempre sull’uscio della stanza. «Io e i miei colleghi non ci capacitiamo… praticamente non è possibile che lei abbia solo la febbre e…»
«Ha notato come ogni giorno che passa l’Eurostar sembra sempre un po’ più vicino?» fece Terenzio annegando il sorriso nella sua faccia pallida. «Ora riesco a distinguere l’interno, le facce, i giornali… mi sembra di sentire persino i loro pensieri…»
«Allora organizzo tutto per l’ambulanza così la metto in osservazione» rispose il medico che accennò ad andarsene.
«Non si azzardi a far venir un bel niente, dottore… piuttosto preferisco morire qui» disse Terenzio secco. Il medico prese la frase come uno schiaffo alla sua dignità e se ne andò senza neppure salutare.
«Devi farti ricoverare, caro è per il tuo bene…» cercò di convincerlo qualche sera dopo la moglie. «Non puoi andare avanti così…»
«Pensa che l’altro giorno l’Eurostar è passato così vicino che ho visto i passeggeri che mi salutavano, invitandomi a salire…» le fece il marito come se non avesse neppure sentito.
«Hai la febbre altissima caro. Hai più di 40°. Stai vaneggiando…»
«Ma sono tanto carini, sai? È tutta gente simpatica». Puntualizzò lui indifferente.
Il medico aveva smesso di fargli visita. Ogni tanto si faceva vedere l’infermiera perché era diventata amica della moglie. E quella sera stavano parlando in sala, cercando di non pensare al serio problema che si agitava nel letto al piano di sopra, quando si udì una frenata rumorosissima che iniziò da lontano per poi terminare vicinissimo. Uno stridio feroce, da animale ferito, che fece vibrare i vetri e le suppellettili della casa. Le due donne si alzarono di scatto per andare a vedere alla finestra. L’Eurostar si era appena fermato sul cavalcavia. La moglie si mise subito a urlare salendo le scale:
«Terenzioooo, no!!! Terenzioooo…»

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