Fiori del mio giardino

La moglie era già la terza volta che lo chiamava. Lui faceva finta di niente sprofondandosi sempre più nella poltrona dietro al suo quotidiano.
«Allora, puoi andare tu per favore a innaffiare i fiori in giardino?» chiese comparendo all’improvviso nel vano della porta con la pasta della pizza in mano. Piero abbassò il giornale, facendo finta di riemergere dalla lettura.
«Eh cara?!? Ah sì, certamente, vado subito».
Mentre la moglie ritornava in cucina, lasciando per terra una scia intermittente di farina, lui ripiegò sbuffando il giornale e uscì. Riempì l’annaffiatoio fino all’orlo trascinandolo poi con una certa fatica sino al primo vaso di gelsomino. Alzò il serbatoio e lo inclinò: non ne fuoriuscì però nulla. Riprovò, ma l’acqua piuttosto che prendere la via naturale del beccuccio usciva dall’apertura larga, dalla sommità, peraltro bagnandogli pure le scarpe. È in questi casi che Piero sentiva montare una profonda frustrazione. Non era fatto per quella vita agreste. A lui piaceva passare le giornate in casa, a leggere o a guardare la televisione, senza foglie da raccogliere o erba da seminare: persino innaffiare i fiori diventava una cosa complicata. Ma non volle darsi per vinto; si accucciò lentamente sui talloni e, tenendosi in precario equilibrio, dopo aver smontato la ‘cipolla’ bucherellata, diede un’occhiata per vedere se qualcosa ostruiva il beccuccio. A volte una foglia si infilava nel foro otturandolo, ma non vedeva nulla, anche perché era senza occhiali per averli posati accanto al giornale. Pensò allora che, soffiandoci dentro, forse l’avrebbe stappato. Pulì alla bell’e meglio il beccuccio con un fazzoletto e poi ci soffiò dentro con forza. C’era effettivamente qualcosa perché non sfiatava. Riprovò ancora. Poi mentre stava per soffiare un’ennesima volta, pronto ad arrendersi, sentì in bocca qualcosa di ruvido che gli faceva solletico. Istintivamente, si sfilò il beccuccio e chiuse i denti. Qualunque cosa fosse l’aveva appena troncata in due. Si accorse subito con orrore che la parte posteriore di un grosso insetto si agitava per terra con le zampette all’aria. Cercò affannosamente di togliersi dalla lingua ciò che invece gli si era aggrappato con forza procurandogli un dolore acutissimo. Un sapore amaro e nauseabondo gli stava impastando le guance e gli risaliva su per il naso. Corse nel garage-cantina poco distante e stappò una bottiglia di vino cominciando a bere. Forse l’alcol avrebbe stordito il malaugurato ospite facendogli mollare la presa. Ma l’insetto, o quello che ne rimaneva di lui, era invece sempre lì, aggrappato alla lingua come a un salvagente. Un’ora dopo la moglie trovò il marito svenuto sul pavimento con l’ennesima bottiglia in mano, completamente ubriaco.

13 pensieri su “Fiori del mio giardino

  1. no dai… no no… questo è un po’ troppo per me… giuro… hai reso bene l’idea… porca paletta.

    e soprattutto riporta alla memoria una disavventura giovanile che avrei preferito dimenticare… io e il mio spirito agreste… e la fobia per gli insetti.
    aarrrrrrggggggggg!!!!!!
    🙂

Lasciami un tuo pensiero