La deviazione

L’autostrada era deserta. Forse perché era domenica mattina o forse perché c’era un pioggia leggera e noiosa che obbligava ogni tanto ad azionare il tergicristallo.
«Sempre deviazioni!» sbottò l’uomo cominciando a togliere il piede dall’acceleratore.
«Continuano a rattopparla come una vecchia coperta sdrucita» gli fece eco la moglie che da duecento chilometri teneva stretta la borsetta sulla gonna come se dovesse scendere da un momento all’altro. L’uomo frenò, guardò nello specchietto retrovisore: il lunghissimo rettilineo dietro di sé si perdeva a vista d’occhio. Mise la freccia anche se non ce n’era bisogno e piegò verso destra; nel passaggio di corsia la macchina sobbalzò per la presenza di una giuntura sull’asfalto. I due coniugi fino a quel momento si erano tenuti compagnia conversando il quel modo piacevole che avevano riscoperto dopo tanti anni. Avevano imparato a non contraddirsi e a lasciare da parte vecchi dissapori e inutili incomprensioni. La vecchiaia aveva fatto loro bene, avevano finito per capirsi. Ora però si erano fatti silenziosi.
«Sei sicuro di andare nella direzione giusta?» chiese dopo un po’ lei guardando fuori dal finestrino.
«Direi di sì…» rispose l’uomo alzando la tesa del cappello che non aveva voluto togliere. Sembrava una stradella di campagna che aveva preso, stringendosi, a inerpicarsi tra abeti e faggi. Il panorama era molto bello, ma c’entrava poco con l’autostrada che scorgevano molto più in basso.
«Torniamo indietro» fece la donna inquieta.
«Non posso» fece lui. «Qui non riesco a far manovra». In quello stesso istante videro davanti a loro un cartello, una scritta bianca in fondo verde, che indicava la fine della deviazione a un chilometro e mezzo.
«Ci siamo quasi» sospirò lui con un certo sollievo. La macchina percorse una curva poi un’altra, al termine della quale si trovarono in quello che parve un cortile per la presenza di una catasta di legna, di un materasso e di un macchinario arrugginito. L’uomo si fermò disorientato. Nel frattempo due uomini alle loro spalle stavano tirando d’un lato, a chiudere, un cancello in ferro che sferragliò lungo un binario. Sentirono distintamente il rumore metallico del battente scontrarsi con il pilone di sostegno, mentre da un casolare di lato, il cui spigolo solo allora intravidero nella vegetazione, ne uscì un uomo corpulento con un grosso giaccone verde militare e un cappellaccio. Aveva in mano un fucile a pompa. Lo armò e sorrise.

11 pensieri su “La deviazione

  1. Sembra un incubo, mi capita spesso di guardare sospettosa quelle aree di sosta abbandonate che hanno strani cancelli che portano verso il nulla! Non mi fermerei mai! Un saluto Claudia

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