Un mondo ordinato

Si abituava a stento alle novità e sempre dopo un processo faticoso ed estenuante. Ogni volta che la moglie cambiava di posto alle cose, al divano, alle poltrone, ai quadri, lui si aggirava sgomento, senza riuscire a dir nulla, senza reagire o protestare. Finiva con l’evitare di guardare i muri tenendosi distante da quei luoghi divenuti all’improvviso estranei e ostili. Era fatto così: viveva i cambiamenti con un senso di lacerazione, di rigetto, aveva bisogno di tempo per riprendere confidenza, per farsi accettare dal nuovo ordine. Prima vi posava lo sguardo, poi la sua ombra, quindi il pensiero. Un giorno finalmente, vincendo ogni resistenza, provava a gettare da lontano una palletta di carta come fosse uno stagno abitato da dèmoni bambini; quindi, nell’arco di settimane, passava ad un fuggevole tocco fino al contatto incerto e cauto. Una cosa sola non era mai cambiata da quando abitava lì: il suo comodino. Ogni centimetro di quel pianale era stato sfruttato secondo una divisione meticolosa, precisa, consumatasi in anni di silenzioso studio. Per poter compensare una lampada dal basamento troppo largo, aveva comprato una bibbia più piccola che aveva lasciato lo spazio al bicchiere d’acqua dal fondo quadrato, che s’incastrava alla perfezione contro la cornice caliginosa che sormontava il mobile. All’estremità di quella stessa balaustra in ferro, verso il muro, una provvidenziale voluta d’acanto poteva sorreggere la maglia pesante per la notte, caso mai avesse sentito freddo. Ogni oggetto aveva la sua posizione assoluta su quel comodino, in quella stanza, nella sua vita. Aprire gli occhi nel buio addormentato e intravedere quelle cose, immobili come i suoi principi, era appagante e pieno buon senso.
«È per domattina… » lo informò la moglie trionfante al suo ritorno a casa. Odiava quella espressione ebete sul volto di lei. Ce l’aveva ogni qualvolta scompigliava la sua esistenza. Cercò di ricordarsi cosa potesse essere, ma non gli veniva in mente. Un gatto? Si era forse parlato di prendere un gatto? O era quel soprammobile costoso? O era quella malefica di sua madre che veniva a stare da loro? Forse non l’aveva ascoltata una volta di troppo. Forse aveva annuito quando non avrebbe dovuto. Poi un sospetto atroce lo attanagliò alla gola. Con le gambe tremanti si precipitò nella camera da letto temendo fosse venuto meno l’ultimo baluardo contro il caos: ma il comodino per fortuna era ancora lì, che lo aspettava.
«Allora domani traslochiamo, caro, come d’accordo…» gli disse alle spalle la moglie con la voce che trillava dall’emozione. «E ovviamente compreremo tutto nuovo…»

13 pensieri su “Un mondo ordinato

  1. Per aver letto una decina dei tuoi racconti presi qua e là nei mesi passati ,il sesto posto, conquistato rispondendo alle domande del tuo test, mi sembra ottimo.
    Ho il presentimento che questo racconto abbia molto di autobiografico.
    Ciao.Mauri.
    Ciao. Mauri.

  2. …mi hai fatto vedere una camera da letto come una stanza di una commedia di De Filippo.
    Me l’hai mostrata sul serio.
    Mannaggia, Briciola.

  3. Non sono mai stata così ordinatamente maniacale ma…ogni volta che ho dovuto traslocare, in quattr’equattr’otto dovevo rimettere ogni oggetto, sia tenda oppure quadro o cuscino, al suo posto! Solo così, con le mie cose attorno, potevo sentirmi di nuovo a casa mia. Ma un giorno, un giorno maledetto per me, dovetti proprio disfare la mia ultima casa: morìi un poco!

  4. mi hai fatto sentire in colpa… io sto pensando di ristrutturare casa…
    bello aprire il pc e trovare una nuova favola… aggiungo che… è bello rivedere i vecchi james bond.. il nuovo mi sembra la copia risistemata di putin!
    un abbraccio

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