Un quarto d’ora soltanto

Quando Hank e Paul, i due secondini, entrarono nella cella, Oliver J. Dalmine era già in piedi che stava aspettando. Il viso era tirato, gli occhi inespressivi, le mani affondate nelle tasche. Scivolò nel corridoio avviandosi silenzioso verso la stanza ottagonale che nascondeva la sedia elettrica.
«Senti Oliver» gli mormorò Hank a bassa voce una volta nella stanza dell’esecuzione. «In questi ultimi anni non ci hai mai dato fastidio e io e il collega abbiamo deciso di venirti incontro». Il detenuto guardava a terra, sembrava non ascoltare. «Ti diamo quindici minuti… Qui alla scrivania ci sono un foglio e una penna casomai volessi lasciar scritto qualcosa; ci sono anche un paio di filmini che puoi vedere… beh mi hai capito … insomma, non ti staremo col fiato sul collo. Quando ti senti pronto ti inietti tu stesso alla base della lingua il contenuto di questa siringa qui».
«Alla lingua?!?» chiese incredulo Oliver.
«Sì, solo così il liquido è letale e immediato. Pochi secondi, entri in coma e buonanotte. Non ti sembrerà neppure di andartene».
Oliver era confuso.«E… e se non ci riesco?»
«Allora in questo caso faremo il giochino della sedia. Già così corriamo dei rischi per te. Lo sai, siamo obbligati per legge a procedere. Non vorrai comunque friggere sulla sedia, vero?»
«No… no…»
«Va bene… allora ricordati che hai solo un quarto d’ora». Hank chiuse la porta spessa dietro di sé senza aggiungere nient’altro. Oliver prese a tremare. Afferrò la siringa e la posò. Per ironia della sorte aveva sempre odiato le iniezioni. Si mise alla scrivania, scarabocchiò qualcosa, che poi cancellò. Il tempo intanto passava. Tolse la siringa dalla plastica e infilò l’ago nella bottiglietta del liquido che aspirò. Aprì la bocca. Senza vedersi non sarebbe stato facile centrare la lingua. Rimase indeciso in quella posizione per molto tempo, troppo. Si mise un dito tra i denti per tastare dove fosse la base della lingua. Più e più volte avvicinò l’ago senza avere mai però il coraggio di affondare. Ci doveva riuscire. Non voleva finire sulla sedia elettrica. Nel frattempo il quarto d’ora era trascorso. Sentì che stavano riaprendo la porta. Oliver chiuse gli occhi e si bucò disperato senza però iniettare. Un dolore acuto lo avvinghiò al braccio e alla spalla. Gli cadde di mano la siringa. L’infarto lo piegò in due come un libro.
«È morto?» domandò Paul entrando.
«Direi proprio di sì» fece Hank mettendo l’indice sulla giugulare di Oliver. «Però bisogna deciderci a far riparare la sedia. Non possiamo ogni volta inventarci qualcosa di nuovo. E se questo qui non fosse stato malato di cuore? Come facevamo?»
Paul alzò le spalle: «E che ne so? Non sono mica io quello che comanda la baracca».

18 pensieri su “Un quarto d’ora soltanto

  1. mi sono sentita come lui, nell’indecisione di agire, cercare il coraggio nelle parti più nascoste, con la vita in un pugno, e tutta la vita che mi scorre davanti come in un film, con scene disconnesse. mentre i secondi si espandono e il tempo implode su se stesso e io ne sento quasi il rumore sordo. la morte.

  2. Mondo Parallelo…un omaggio al Mondo Disco di Terry Pratchett? I tuoi personaggi magari sono più “umani”, ma anche più surreali.
    Hai il ritmo e il tempismo di uno scrittore professionista consumato, chi sei in realtà? 🙂

  3. Ah però!! =D E chi l’avrebbe detto? Sembravano così sensibili quei 2!! Eheh!

    Complimenti davvero. Epilogo notevole! =)

    py
    PS: Vero, ricucire è un’impresa! =(

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