Il figlio della colpa

L’avv. Amedeo Angeli era sposato e aveva tre figli. Lo studio legale era ben avviato in quel di Lughi, ma quando fu il momento di pensare a qualcuno che prendesse il suo posto, inaspettatamente, anziché sul figlio primogenito, anche lui laureato in giurisprudenza, puntò su un ragazzo di nome Luca. Il fatto che quest’ultimo fosse il figlio di una signorina molto avvenente, per anni segretaria dell’avvocato, poi rimasta incinta, aveva scatenato le male lingue del paese. Anche perché l’avvocato e Luca si assomigliavano in modo sorprendente. Ogni volta che al bar gli amici prendevano in giro il professionista, giusto per fargli confessare che Luca era suo figlio, lui arrossiva e si schermiva sempre: ‘E’ un bravo ragazzo, diligente, preparato, ma di famiglia molto povera e io cerco solo di aiutarlo, tutto qui’. Ovviamente nessuno ci credeva. Il pettegolezzo ben presto arrivò all’orecchio della moglie che divenne il facile bersaglio di frecciatine al fiele delle perfide comari del luogo. Scoppiarono discussioni a non finire in casa Angeli e i coniugi furono sull’orlo della separazione. Poi una mattina l’avvocato, mentre stava sorbendo in santa pace il suo caffellatte, abbracciò il tavolo e se lo trascinò fino a terra. L’infarto apparve subito grave. E la signora Angeli, che tutto si sarebbe aspettato meno di diventare vedova a quarant’anni, cadde in una profonda depressione. In ospedale, al capezzale del professionista, peraltro molto stimato, si alternarono amici e parenti. Il sesto giorno di degenza, l’avvocato capì che non ce l’avrebbe fatta e chiamò a sé la moglie.
«Devo dirti una cosa importante… tesoro mio» mormorò lui guardando verso il vetro divisorio della stanza. Luca era lì dietro, in disparte, e piangeva. La moglie pose delicatamente un dito sulle sue labbra del marito:
«Non devi dirmi nulla… ho già capito».
L’avv. Angeli sorrise con fatica e disse:
«Sei sempre stata buona con me… e guarda come ti ho ripagato».
«Non ti devi preoccupare di nulla… caro» levando lo sguardo verso Luca «lo tratterò come fosse mio figlio». Quindi lei, con le lacrime agli occhi, si alzò dal letto per lasciare il posto a padre Terenzio venuto per la confessione.
«Hai fatto la cosa giusta, Amedeo, ora ti sei sgravato la coscienza».
Amedeo si sincerò che la moglie non potesse sentire.
«Ma no, padre, non ci creda anche a lei a questa stupidaggine! Ma a lei posso dirlo… Luca non è mio figlio, è il mio compagno».

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