Il Trono del Saggio

Quando nel 1407, di ritorno dai mercati del Grande Nord, arrivai sulla piazza di Silkeborg, alle prime avvisaglie dell’autunno, lo vidi subito. Era immobile, in silenzio, seduto su una sedia di legno alta due metri, con la faccia rivolta ad est. Era un vecchio con una barba mal rasata e biancastra ed un vestito lungo di una foggia che non si era mai vista da quelle parti. La piazza era gremita di gente come in occasione della festa del Santo Patrono. Ogni tanto qualcuno saliva impacciato la scala a pioli legata ad un lato di quella sedia, sussurrando un non so che all’orecchio del Vecchio che rispondeva pacatamente, senza distogliere lo sguardo da quello punto di infinito che aveva davanti a sé.
«Ma chi è?» chiesi ad un mercante inginocchiato a terra.
«È il Saggio» mi rivelò lui con la voce incrinata dall’emozione. «È comparso tre giorni fa con suo nipote. Ha costruito con le proprie mani il suo Trono da dove poi non si è più alzato.»
«Saggio?» feci io incredulo.
«Sì… dispensa parole di profonda sapienza. Risolve i problemi più intricati. Consola gli animi, dispensa giustizia e ha perfino guarito uno storpio e un non vedente.»
Guardai il mercante pensando mi prendesse in giro.
«Il suo arrivo è stato preannunciato dalle stelle» seguitò ancora il mercante con enfasi «è un grande onore ed una fortuna per tutti noi che si sia fermato in questo piccolo paese.»
Mi aggirai per il resto della giornata per il villaggio. Non c’era una sola bottega aperta, persino la locanda e l’ostello erano chiusi. La vita sembrava sospesa per quell’inaspettato evento. Ma quando il mattino del giorno dopo, alle prime luci dell’alba, i compaesani si accorsero che il Trono era vuoto, dapprima rimasero sconcertati, poi cominciarono a litigare fra loro. C’era chi sosteneva che il Vecchio se ne era andato per non essere stato ricompensato per i suoi alti servigi, c’era invece chi pontificava spiegando che il Saggio non si fermava mai in nessuno luogo per più di tre giorni e c’era persino chi voleva salire su quel Trono perché, diceva, era facile essere saggi quando ci si siede sull’unico punto magico della regione, proprio sulla verticale di una antica e sacra vena d’acqua. E così, dalle parole grosse nacquero i primi spintoni e dagli spintoni l’inevitabile rissa. Rivalità mai dimenticate e rancori mal sopiti vennero di nuovo a galla e ciascuno di loro si ricordò di avere più di un motivo per scaricare sugli altri la propria rabbia e aggressività.
«È questo che vi ha insegnato il Saggio?» domandò ad un certo punto ad alta voce Mastro Aksel’rod sbattendo con forza il suo bastone di ciliegio contro il Trono. «Vergognatevi! Il Saggio è appena andato via e già i suoi insegnamenti di Pace e Giustizia hanno abbandonato i vostri cuori.» Gli animi subito si acquietarono e la gente, pur squadrandosi in cagnesco, tornò ordinatamente, dopo giorni, alle proprie abitazioni. Scoprendo che, mentre loro veneravano in piazza il Vecchio Saggio, il giovane nipote era passato di casa in casa a rubare tutti i loro miseri averi.

8 pensieri su “Il Trono del Saggio

  1. ….ora voglio proprio vedere la ribellione dei tuoi lettori all’annunzio triste delle vacanze del blog!…..a quando?!___________ci mancherai,volevo esser la prima a dirlo!

    Allegra

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