L’ultimo saluto

Carlo non ci voleva andare a quel convegno. Non stava bene e il programma minacciava di essere impietosamente noioso. La notte, in albergo, non riusciva poi neppure a dormire. Appena si coricava la tosse cominciava a sconquassargli il petto e non c’era caramella o sciroppo che riuscisse a sedarla. La terza notte sembrava però sulla via della guarigione. Una pastiglia, passatagli da un congressista stanco di sentirlo tossire, aveva fatto il suo effetto. Il sonno era quindi finalmente tornato a scivolare piacevole e ristoratore sui suoi occhi quando, alle prime luci dell’alba, la tosse riprese all’improvviso. Nel dormiveglia Carlo cercò il bicchiere d’acqua che aveva sul comodino, ma fu anche quello il momento che sentì venir su per la gola un rigurgito prepotente che non sarebbe stato in grado di trattenere. Si alzò di scatto cercando di indovinare la porta del bagno, ma inciampò in qualcosa rimasto in mezzo alla stanza e, appena un istante dopo, i succhi acidi della digestione gli andarono di traverso. Capì immediatamente di non essere più in grado di respirare. Nei polmoni l’aria si era sigillata e il respiro era intrappolato nello spasmo della trachea. Carlo era in piedi, le unghie delle mani conficcate nei palmi, gli occhi spalancati nell’incredulità di quello che stava accadendo. Il silenzio dell’albergo era interrotto dal suo rantolo disperato affamato di aria. I secondi passavano lentissimi e Carlo tratteneva a fatica il bisogno di ulteriormente tossire che avrebbe spremuto ancor più i suoi polmoni duri come il marmo. Il panico gli sconvolse il cervello: cercò di aprire la finestra, ma era come sigillata per far funzionare l’impianto di aria condizionata. Si sentì perduto, consapevole che nessuno avrebbe potuto aiutarlo per tempo. Poi, nel volgere di pochi attimi, all’improvviso, l’angoscia si sciolse allora in una calma innaturale, come se tutto stesse andando per il meglio o come se si stesse preparando serenamente a morire tanto da aver persino rinunciato a reiterare i tentativi di respirare. Avrebbe voluto piuttosto in quel frangente, in cui tutto sembrava definitivamente compiuto, telefonare alla sua bambina. Scusarsi per la propria morte, dirle che le voleva bene e che non si era suicidato, che non aveva affatto voluto abbandonarla, ma che tutto era successo perché forse doveva accadere e che non era colpa di nessuno. Quindi, mentre una lacrima gli scendeva incerta sul viso paonazzo per gli sforzi, la trachea fece passare il primo filo d’aria.

11 pensieri su “L’ultimo saluto

  1. ieri sera a mezzanotte io questo post non lo vedevo e mi chiedo dove fosse mentre io aggiornavo la pagina e comunque non compariva . buon lunedì, a bientot,

    ally

  2. … col fiato sospeso fino all’ultimo!
    Come al solito riesci a trasportare impetuosamente il lettore fino al punto finale: complimenti.
    Si, veramente una bella serata, fa piacere sentirti parlare, oltre che leggere.
    Buona settimana.

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