La notte in cui la luna si tuffò

«E ora una tua storia, zio.» Phil Maverick, dall’alto dei suoi undici anni di età appena compiuti, mi guardava con l’aria di chi non avrebbe accettato un no come risposta. Aveva davanti a sé un piattino da cui fuoriusciva una enorme fetta di sacher con ancora infilzata una candelina bruciacchiata.
«Non sono tuo zio» cercai di spiegargli mentre mi facevo trascinare per la maglia sul sedile appositamente costruito da papà Maverick sul bovindo che dava sulla valle. Poi, con finta riluttanza, voltandomi attorno per cercare la concentrazione giusta, esordii: «va beh… potrei raccontarti la storia della luna che un bel giorno…»
«Che un bel giorno?»
«Che, anzi, una bella notte… cadde nel mare.»
«Cadde nel mare?»
«Sì. Era anche luna piena e  fu per questo che, quando si tuffò nella baia, fece un gran bel baccano. Tutti i pescatori del luogo ed anche dei paesi vicini, svegliati dal fracasso, subito si diedero convegno preoccupati di quanto accaduto. Vennero anche scienziati, uomini di pensiero, filosofi e poeti. Ma tutti furono d’accordo sul fatto che ci sarebbero voluti un bel po’ di soldi per tirarla su dal fondo del mare e ancor più per rimetterla in cielo. Era ormai notte fonda, quando un bambino, che poteva avere la tua età, suggerì che sarebbe bastato appena un fantastiliardo di palloncini perché la luna, non solo potesse venire a galla, ma fosse anche in grado di tornarsene al suo posto nel firmamento. Disse che l’aveva letto da qualche parte, ma nessuno volle saperne di più. Si aprirono così delle sottoscrizioni private, tra imprese commerciali, esercizi pubblici e associazioni amatoriali per raccogliere i fondi necessari. In men che non si dica l’obbiettivo fu raggiunto e innumerevoli squadre di sommozzatori erano già lì che si davano il cambio per andare ad agganciare sulla superficie della luna, la cui luce si vedeva dal fondo del mare, un numero spropositato di palloncini colorati. Stavano attaccando il fantastiliardesimo palloncino, quando la luna, come aveva detto quel bambino, cominciò a muoversi dal fondo e a risalire lentamente in superficie. Era ormai quasi tutta fuori dall’acqua, tra gli ‘ohoooo’ generali, ma anche tra gli ‘yappihuuu’ di un gruppo di appassionati sommozzatori acrobatici, quando albeggiò da dietro le colline del paese e, in pochi attimi, la luna sparì.»
«Come sarebbe a dire che la luna sparì, zio?»
«Perché quando c’è il sole, la luna non si vede. E poi non sono tuo zio.»
«Certo zio, non ci avevo pensato. E poi che è successo?»
«Si dovette aspettare che trascorresse il resto giorno fino al nuovo tramonto. E non appena gli ultimi raggi lasciarono il cielo, la gente si accorse con sgomento che la luna, nel mare, non c’era più. Molti già si stavano disperando di aver perso per sempre il loro romantico disco bianco, quando si avvidero che, in realtà, la luna era già al suo posto, dove era sempre stata: in mezzo al cielo. L’idea di quel bambino aveva funzionato.»
«Allora era andato tutto OK?» fece Phil che finalmente abbassò il dorso nella forchetta sulla fetta straripante di torta. «Tutto tornò come prima.»
«Beh, più o meno.»
«Come più o meno, zio?»
«Eh sì, perché, con un buon cannocchiale, nelle serate nitide, sulla faccia della luna si può ancora oggi vedere una scritta intermittente al neon che dice: ‘Da Vincenzino, la pizza migliore di Napoli’»

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