Il derby delle Colline Morene

Sono sempre stato  riluttante ad andare allo stadio con Browser. È facile che lui perda quel minimo di autocontrollo che ha, soprattutto quando la sua squadra del cuore, la Lughese, è in giornata storta e sta giocando, male, contro la ‘odiata’ Capaglossa, nel derby delle Colline Morene.
«Ma un arbitro così, dove l’hanno trovato, su eBay?» mi fa ad un certo punto lui gridandomi nell’orecchio poco prima di assordarmi del tutto con la sua tromba da stadio. È rubizzo in volto e le vene della fronte sono gonfie e tese.
«L’arbitro non c’entra nulla…» cerco di obbiettare io «piuttosto è la difesa che è un colabrodo. Il terzino destro ha il piombo nelle scarpe…»
Il mio amico non è dello stesso avviso, tanto che si mette a urlare, assecondato da tutto il gruppo degli ultras che ci siede accanto, parole di fuoco all’indirizzo del ragazzotto in divisa scura che sembra fischiare tutto il fischiabile. Mi sento francamente fuori posto, anche perché di lì a poco la situazione degenera avendo avuto il ragazzotto in divisa la malaugurata idea di concedere, a cinque minuti dal termine, un rigore a favore del Capaglossa. Ho come l’impressione che tutta la curva si sia letteralmente spostata sotto l’onda dei tifosi alzatasi in piedi all’unisono per l’indignazione. Cominciano a volare seggiolini, cuscini ed oggetti vari. Browser è fuori di sé: prima lancia la bomboletta che aveva in mano e poi un oggetto che riesce a colpire l’arbitro in fronte, pur a distanza di diversi metri.
«Ma sei impazzito?» gli faccio io allarmato accorgendomi che la sua vittima si accascia a terra. Nel frattempo il quarto uomo entra in campo e, raccolto da terra quello che capisco essere un cellulare, guarda minaccioso nella nostra direzione.
«Andiamo, andiamo…» mi sbraita in fretta e furia Browser tirandomi per la maglia, mentre in campo sta già scoppiando il finimondo.
«Non ho parole Browser» gli dico con aria di rimprovero scendendo le scale per guadagnare l’uscita. «Ora passerai dei guai.»
Lui non risponde; sembra effettivamente preoccupato per quel gesto inconsulto, tanto che fuori dallo stadio accelera il passo per raggiungere la macchina.
«Ma poi che stupido!» lo rimbrotto ancora senza pietà. «È inutile che scappi. Tanto ti rintracceranno, prima o poi, non appena esaminano il cellulare che hai tirato.»
«Mica vero…» ribatte lui a mezza bocca «il cellulare è tuo.»

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