La veggente

«Con quella signora anziana là, l’altro ieri, mi è successa una cosa davvero strana.»
A parlare era Lodo dei Tederighi Baldi, l’ultimo conte di Lughi: mi si era avvicinato alle spalle, mentre stavo fissando, attraverso la vetrata del Bar del Cinghiale, una vecchietta che, tutta curva sul proprio bastone, chiedeva l’elemosina in piazzetta. La donna si sarebbe detta molto in là negli anni, se non fosse stato per un largo cappellaccio che le copriva il volto e che impediva di saperne di più. Il conte, invece, era un bell’uomo sui cinquant’anni, alto, brizzolato, capelli lunghi e disciplinati all’indietro da copiosa brillantina: stava guardando fuori anche lui da sopra la mia spalla.
«Davvero?» feci io sorpreso che mi avesse rivolto la parola. Avevo curiosamente appena saputo che lo stemma della sua casata, un cimiero medioevale da cui fuoriesce una ghirlanda di rose di macchia, sovrastato da due palme incrociate, era anche lo stemma di Lughi, anche se, nel tempo, e chissà perché, le due palme erano state sostituite da un paio di alabarde.
«Sì» fece lui bevendosi il suo ennesimo Negroni. «Per la prima volta mi sono fermato e le ho fatto scivolare dei soldi nel suo boccale per l’elemosina.»
Io mi girai verso di lui come per dire ‘e allora?’, ma il conte continuava a scrutare fuori; la mano libera dal bicchiere era affondata nella tasca del suo inossidabile blazer verdone da cui faceva capolino solo il pollice tenuto innaturalmente dritto: sembrava si trovasse sul cassero di uno yacht.
«La signora in questione, anziché ringraziarmi, mi ha mormorato: ‘Auguri per la bambina’. Lì per lì, mi ha sorpreso, ma poi ho finito per non badarci, fino a quando qualcuno non mi ha detto che è una veggente.»
«Non crederà mica a queste storie… signor conte» gli dissi abbozzando un sorriso di circostanza.
Lui interrogò con gli occhi le due dita di Negroni rimaste nel bicchiere che roteava lentamente come fossero il fondo di una tazza di caffè. Mi accorsi poi che in realtà si stava guardando le nappe dei mocassini color panna.
«Poi lei ha una figlia, quindi, tutto sommato, la vecchietta ci ha azzeccato, mi sembra» feci io un po’ imbarazzato per quella inaspettata confidenza.
«Veramente ho un figlio…» mi corresse lui squadrandomi di sbieco con l’occhio ceruleo un po’ umido. «…E poi ha vent’anni. E sono giusto vent’anni che mia moglie ha pensato bene di cautelarsi anche chirurgicamente dall’eventualità di darmi un altro pargolo.»
Il tono si era fatto aspro oltre che sarcastico. Non era stata una scelta, quella della consorte, che il conte non aveva evidentemente gradito, né condiviso.
«Allora quella povera donna si è semplicemente sbagliata» feci io ansioso di trovare una conclusione a quel discorso.
«Lo speravo anch’io. Poi ho saputo, poco fa, che la mia amante è incinta.»

19 pensieri su “La veggente

  1. come vedi non ho cucinato amanita phalloides venerdì scorso 🙂
    ma è proprio carino qui, e anche il racconto che ho appena letto mi è piaciuto, sono contenta che tu sia passato(/a?) a trovarmi.
    a presto!

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