Le due rose

Ho sentito che lei va all’Hotel Quattro Fontane» mi disse una persona anziana trattenendo la portiera del mio taxi. «Io sono di strada. Se per cortesia potessimo dividerlo, così torno a casa: è stata per me una giornata molto faticosa.»

«Ma certo…» feci io senza esitazione «salga pure.»

L’uomo ringraziò sedendosi accanto a me. Non aveva bagaglio, ma solo due rose rosse dal gambo non più lungo di venti centimetri.

«Lei viene qui per lavoro?» mi domandò con tono pacato, lo sguardo profondamente sereno, come di chi è riuscito a conoscere almeno uno dei segreti della vita.

«Sì, e lei?»

«Ci sono nato.»

Il taxi sfrecciava tra le vie illuminate. La gente a quell’ora usciva dai locali notturni, fermandosi a chiacchierare in strada perché la notte era dolce e non veniva affatto in mente che fosse autunno.

«Vede» mi mormorò indicando un bar dall’insegna malconcia «lì tanti anni fa ho conosciuto mia moglie. Una donna bellissima, una russa, ho passato dei momenti bellissimi con lei. E laggiù, sul ponte, ci siamo giurati eterno amore.»

Anche se ero stanco, non me la sentivo di fingere interessamento, per cui gli mostrai un sorriso sincero che andò tuttavia perso nella semioscurità della macchina.

«Poi lei decise un giorno di tornarsene in Russia. ‘Nostalgia’, diceva, ma credo piuttosto che non sopportasse più il mio caratteraccio. Ma l’ho rivista oggi, alla cerimonia: è sempre una donna stupenda, nonostante il tempo trascorso.» L’uomo guardava fuori mentre si rigirava tra le mani le due rosse come fossero state due carte da mischiare. «Così, anni fa, sono rimasto solo con mia figlia. In un attimo è diventata una donna: altera, piena di orgoglio e fascino, come sua madre. Il giorno prima era una bambina e il giorno dopo aveva già il fidanzato. ‘Mi sposo’ mi ha detto appena qualche mese fa e io avevo le lacrime agli occhi perché l’ho vista davvero felice come non pensavo potesse essere mai.» L’uomo, d’un tratto, fece accostare il taxi, dicendo che era arrivato: scese e, prima di chiudere la portiera dietro di sé, mi chiese con garbo:

«Quanto le devo?»

«Assolutamente niente. È stato un piacere conoscerla. Davvero.»

Lui sembrava imbarazzato, lì, in piedi su quel marciapiede grigio innaffiato dalla luce spiovente del lampione.

«Tenga» fece lui sporgendosi «questo fiore glielo dà mia figlia.»

«Si è poi sposata, allora?»
«No, è morta ieri. Oggi c’è stato il funerale. È una rosa della sua corona. Sono sicuro che lei avrebbe voluto che gliela dessi.»

27 pensieri su “Le due rose

  1. OT Ho visto che anche tu, come me, sei stato scelto per “diventare” un blogbook (e sicuramente te lo meriti, probabilmente più di me!!!). Speriamo che questa idea piaccia e sia accolta bene. ciaociao

  2. Un finale davvero imprevisto, non me lo aspettavo, anche se nel precedente post avevi accennato a “….qualcosa di diverso, di inaspettato, di meno scontato. Buon w/e Briciola*

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