Davanti a un tè alla mimosa

«Guarda che è gente strana» mi avvertì padre Ercole consegnandomi un cesto di vimini con alcune vettovaglie. La sua perpetua era ammalata e doveva toccare a me, secondo lui, portare i ‘generi di conforto’ ai coniugi Beomonte, su al Molin di Lughi, vicino a Collefili. Protestai, ma finii per accontentarlo.
Quando suonai il campanello, passò un po’ di tempo prima che qualcuno venisse ad aprire, tanto che credevo non ci fosse nessuno. La signora, molto anziana, fu cordiale nel farmi accomodare e mi tolse subito dall’imbarazzo di trovarmi in quella veste così poco usuale. In pochi minuti mi ritrovai in uno stanzone seduto ad un tavolaccio a sorbire del tè alla mimosa. Aveva voglia di parlare, la signora, e me lo dimostrò subito attaccando un discorso fitto fitto. Ogni tanto si bloccava per guardarmi con i suoi grandi occhi azzurri, giusto per accertarsi se la stavo ad ascoltare.
«Ma cos’è questo rumore?» chiesi ad un certo punto io.
«Non si preoccupi, è mio marito» tagliò corto lei senza deviare dal suo fiume di parole. Continuai a bere mentre raccontava che ci era nata in quella casa e che il mobilio in quercia lo aveva costruito il nonno con le sue mani.
«Mi sembra però che il rumore provenga dall’armadio, signora» feci io interrompendola.
«Sì, sì, giovanotto, gliel’ho appena detto. È mio marito. Vive lì dentro.»
«Nell’armadio?»
«Sì, è convinto che se mettesse un piede a terra, questa si aprirebbe per farlo sprofondare all’inferno.»
Rimasi senza parole.
«Mio marito non è mai stato tanto a posto con la testa, sa? fin da giovane. Poi, un giorno ha visto alla televisione un film che lo ha impressionato a tal punto che…»
La mia faccia doveva essere di cera perché la donna mi chiese se volevo bere dell’acquavite. Poi continuò:
«Lo so cosa mi vuol chiedere giovanotto… come fa ad andare in bagno. Ebbene, quando vuole, lui mi bussa e io vengo con la carriola e ce lo porto. Solo che adesso sono diventata vecchia e faccio sempre più fatica.»
«Non farebbe prima a convincerlo a uscire di lì? Farlo ragionare?»
«No… » mi rispose versandomi dell’altro tè «in fondo è poca cosa… e poi io… ho il mio di armadio.»

20 pensieri su “Davanti a un tè alla mimosa

  1. dunque dunque…questo scritto mi ricorda uno dei racconti de IL BESTIARIO ma non ricordo ‘autore di questo libro… sicuramente un autore sudamericano……. comunque interessante…come anche i commenti….

  2. In effetti non è poi tanto strano (o lo sono forse io??!^__^) Anche a me, infatti, è capitato che al colmo di un’arrabbiatura, nel bel mezzo della mia festa, mi sono rinchiusa in un armadio :))). Acqua

  3. Favola sopra le righe, come mi stai ormai abituando!

    Immagino la vecchina e suo marito, chiuso in un armadio. Piccoli, vestiti alla provenzale, grembiule multicolore lei, lui giacca di loden e cappello in tono.

    Ma, soprattutto, mi sembra reale quel bricco del te.

    Baciotti

  4. Viviamo un po’ tutti negli amrmadi, cassetti, cassapanche, etc..ognuno di noi ha la sua carriola..e comunque alla fine è sempre grazie a qualcuno che ci vuole bene che riusciamo a farci traghettare nel mondo reale.

  5. Oh! Chiedo scusa per la mia superficialità. In effetti guardando meglio ho scoperto vari segni rivelatori dell’originalità delle vignette: congratulazioni. Devo essermi lasciato ingannare da una vecchia storia di fantascienza da cui si evince che le barzellette hanno origine aliena, risultando di solito impossibile rintracciarne le fonti. Quanto al resto, a volte nasciamo uomini, a volte nasciamo donne: ognuno di noi è entrambe le cose. Ciao, Scudo.

  6. Briciola se fossi in te lo scriverei cubitale che sei un uomo. Non fanno che darti della bravissima, simpaticissima, dolcissima. Non so perchè ma la cosa mi inquieta a te no? 😀

  7. E’ un piacere leggerti. Le vignette sono notevoli, ho l’impressione che siano dei tuoi originali: se è così, bravissima! Ciao. Scudo.

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