Nel giardino di Helga

Helga si svegliò di sobbalzo nel cuore della notte. Aveva addosso la sensazione sgradevole di un brutto sogno che l’aveva attraversata come una scossa elettrica. Si riaddormentò inquieta fino a che la sveglia non la tirò giù dal letto. Era svogliata. Avrebbe dormito molto di più. La pelle del viso era tirata e indolenzita.
Quando arrivò in ufficio, Marta, la sua segretaria, le chiese se si sentiva bene facendole notare che aveva gli occhi cerchiati. La faccia, come le apparve dallo specchietto estratto dalla scrivania, era in effetti pallida e smunta. Sulla guancia destra, oltretutto, le era pure spuntato un brufolo che aveva bucato il leggero trucco mattutino.
Si chiuse nello studio per finire quella importante relazione che avrebbe dovuto essere pronta per il pomeriggio. Ma qualcosa non andava: le girava la testa ed era comparso un lieve ma fastidioso tremore alla mano. E poi il gonfiore alla guancia, almeno così lo avvertiva, passandoci sopra l’indice, stava aumentando. Era poco meno di mezzogiorno quando le salì alta la febbre. Non riusciva più a concentrarsi e il desiderio era solo quello di tornarsene a casa. Mentre chiamava un taxi per farsi portare indietro, si accorse nel riflesso della cornice d’argento del tavolino, che la flogosi alla guancia era peggiorata così tanto che ora la pelle si trascinava da un lato le labbra lasciando scoperti parte dei denti. Aveva una smorfia grottesca.Senza neppure spogliarsi si mise sotto le coperte. Il freddo che ora avvertiva sembrava indomabile nonostante le coperte e il piumino. Avrebbe dovuto telefonare al medico, chiedere aiuto, ma non ce la faceva. Più di una volta squillò il telefono senza che lei potesse fare il minimo movimento fuori dal letto. Rimase così, come un sasso, per tutto il pomeriggio. Il dolore alla guancia si era fatto insopportabile e le procurava fitte lancinanti come se gliela stessero trapanando da sveglia. Si convinse a trascinarsi carponi fino al bagno. Buttò all’aria i medicinali alla ricerca di un analgesico. Ne prese diversi, alla rinfusa, nel tentativo di sedare un dolore che la faceva gridare ad ogni spasmo. Nel tirarsi in piedi per bere, si vide di sfuggita allo specchio. Si spaventò: la sua faccia si era fatta asimmetrica e tutta la parte destra era deformata. Al posto del brufolo c’era come una cuspide di carne color bordeaux con striature violacee. Non era un ascesso, né la puntura di un insetto, considerò, perché sotto la pelle sottile si intravedeva come un corpuscolo ovale e duro che premeva come se volesse uscire. Poi una fitta più lacerante delle altre la fece cadere all’indietro: batté la testa contro la vasca e svenne. Fu forse una fortuna, perché di lì a poco la guancia si lacerò nel punto di maggior pressione liberando un piccolo guscio dorato dalla forma di un chicco di caffè che rotolò sulle mattonelle azzurre. Quindi dal seme spuntò prima una zampetta anteriore poi l’altra e infine le ultime due. Il seme fece qualche giro lento su se stesso come per orientarsi. Scelta la direzione, prese ad avventurarsi per la casa vuota. Attraversò il corridoio, la sala e l’altro corridoio verso la cucina. Si posizionò vicino alla porta d’ingresso e attese.Helga si svegliò solo l’indomani alle quattro del mattino. Era dolorante alla testa dove aveva picchiato. La febbre era passata e si sentiva meglio. Con sua sorpresa la guancia era tornata a posto, non c’era infatti più alcuna traccia di gonfiore. A ricordo di quello che era accaduto era rimasto solo un taglio dal profilo irregolare quasi impercettibile. La donna si lavò, si vestì, fece colazione. Forse se fosse andata in ufficio sarebbe stata ancora in grado di finire la relazione: l’avrebbe potuto consegnare al cliente inventando qualche scusa. Aprì così la porta e il chicco, rimasto fermo accanto al battiscopa, si mosse di scatto oltrepassando la soglia e uscendo all’aperto; e mentre la donna percorreva il vialetto sino al suo cancello il seme zampettò fino al giardino. Qui nella terra smossa a ridosso di una rosa scavò un cunicolo di una decina di centimetri e vi si rannicchiò in paziente attesa. In capo a qualche giorno piovve a lungo. Il seme perse le sue zampette mentre una radichetta fessurò il guscio facendosi strada nella terra molle. La piantina crebbe. E la colonizzazione ebbe inizio.

8 pensieri su “Nel giardino di Helga

  1. hai fatto caso che capiti sul mio blog quando posto delle cose sconce?l’ultima volta che sei venuto (hihihi) c’era il post sui pompini…ora quello sul cunni..non é che lo fai apposta? =P

  2. Ciao Briciolanellatte, sono shak, sei passata a trovarmi oggi, grazie per averlo fatto! bhe qui il blog come estetica è tutta un’altra cosa è veramente bello!
    Il mio pc l’ho chiamato Geronimo… non so come mai; un giorno mi è venuto in mente così all’improvviso e ho deciso di chiamarlo così!
    buon fine settimana
    un bacio shak

  3. ma la colonizzazione di cosa? Si lo so che é una domanda cretina…ma io sono una di quelle che vuole sapere sempre tutto di tutto…il fascino del mistero mi frustra moltissimo… un bacio

  4. …com’è bello questo blog…mi ha molto affascinata…si ma..bricola, chi è?! qui si possono sapere tante cose…ma questa o m’è sfuggita o proprio non è stata messa… TANTI COMPLIMENTI cmq! tornerò di sicuro a leggere qualche tuo bel post! un bacino

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