Il rapimento

Trascinavo stancamente il carrello per la griglia della parte anteriore. Non avevo granché voglia di fare la spesa, ma la lista, che stranamente mi ero ricordato di portarmi dietro, parlava chiaro: il mio frigo era più vuoto dello stomaco di un anacoreta. Il fatto di non aver nessuna fame sfumava ancor più il desiderio di fare provviste.
Poi mi bloccai davanti ai barattoli dei sughi già pronti: melanzane coi funghi o pesto alla siciliana? Controllai le etichette, gli ingredienti e le date di scadenza, come se avessero potuto aiutarmi nella scelta. Mi stavo arrovellando in questo profondo dubbio esistenziale quando, con la coda dell’occhio, vidi qualcosa che non avrebbe dovuto esserci. Attaccata a metà del mio carrello c’era una bambina di circa un anno e mezzo, con una cascata di boccoli biondi che le arrivavano fin sopra il pulloverino di lana rosa. Guardava in giro con aria svagata e le guance paffute, forse anche per quel pollice che si teneva ostentatamente in bocca. I suoi occhi sfarfalleggiarono così per interminabili secondi un po’ qua e un po’ là fino a quando si posarono su di me. Fu quello il momento in cui realizzò che non ero suo padre. Si tolse subito il dito di bocca e sgranò gli occhi. Il labbro inferiore si sporse all’infuori sovrapponendosi appena a quello superiore, quindi cominciò a farlo tremare. Mi venne un attacco di panico. Non mi ci vedevo nei panni del rapitore di tenere infanti, mentre mi ci vedevo benissimo nei guai per una cosa del genere. Queste situazioni sono sempre difficilissime da spiegare. Dopo.
Molto lentamente, facendo finta di niente, tornai sui miei passi. Nello spingere il carrello facevo attenzione a che la bambina non si sganciasse. La vedevo trotterellare poco appena dietro a me e squadrarmi in modo severo, ma allo stesso istante interrogativo. Doppiai la fila dei bancali degli alimentari. Cercavo qualcuno che, disperato, fosse alla ricerca della bambina perduta, ma tutto ero tranquillo. Feci a ritroso la strada percorsa nella speranza di incrociare la mamma cui riaffidare la marmocchia che adesso aveva tutta l’aria di farsi trascinare. Quando giunsi al reparto cellulari decisi di puntare sul desk delle informazioni: avevo in animo di costituirmi e di restituire il maltolto. Diedi ancora un’occhiata alla bambina il cui viso, tuttavia, si illuminò di colpo di un sorriso stupendo. Si staccò da me per ciondolare sino ad un altro carrello più avanti cui si aggrappò saldamente con la manina. Accanto a lei ora c’erano, di spalle, una donna bionda e un uomo che stavano discutendo animatamente con una signorina che spiegava loro le funzionalità di un telefonino.
Trassi un sospiro di sollievo e sotto lo sguardo di rimprovero della bambina me ne ritornai al reparto alimentari sicuro che avrei optato per due gnocchetti alla sorrentina belli che pronti.

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