La firma

La stanza gli parve particolarmente grande e mai, come quel pomeriggio, così disadorna. Aveva entrambi i palmi delle mani sudati ed appoggiati aperti sulla scrivania di ciliegio, da un lato e dall’altro di quel foglio che avrebbe dovuto firmare.
Era ancora sotto shock per la notizia che il Colosseo fosse saltato in aria nella mattinata. Non che la distruzione del Campanile di Giotto a Firenze, di dieci giorni prima, fosse stata meno impressionante, ma mentre per quell’altro attentato le alte cariche dello Stato e la gente comune avevano risposto positivamente con manifestazioni massicce di protesta contro il terrorismo di Al Qaeda, cui erano seguiti funerali solenni e proclami indignati nello spirito rinnovato dell’orgoglio patrio, ora serpeggiava solo angoscia e panico. Molte persone, nelle città, avevano abbandonato le proprie case prossime ai cosiddetti punti sensibili e i centri storici si stavano svuotando rapidamente in modo surreale.
E dire che lui, come responsabile del dicastero degli interni, aveva predisposto tutte le misure del caso per la difesa del territorio rafforzando i controlli di polizia e quadruplicando la sorveglianza ai monumenti più rappresentativi. Come avrebbe potuto però prevedere che i terroristi kamikaze avrebbero usato un elicottero cargo dei carabinieri imbottito di due mila chili di tritolo per entrare nel Colosseo dall’alto? La polizia che pattugliava la zona l’aveva visto arrivare, ma era l’alba e avevano pensato ad una esercitazione vedendo la scritta dell’Arma sulla fiancata del velivolo. Ora i blocchi di pietra dell’anfiteatro erano arrivati, per effetto della deflagrazione, fino a piazza Venezia. C’era solo un enorme cratere là dove c’era prima il Colosseo e la conta dei morti ancora non era terminata.
L’opposizione voleva la sua testa, lui lo sapeva. Ma quello sarebbe stato davvero il meno. Si sentiva infatti profondamente scosso. Era come se non avesse più certezze nel domani, come se avessero violato casa sua, la sua intimità, la sua stessa memoria. Era come se fosse stato depredato con violenza della sua identità di essere umano.
Da quando era divenuto ministro, quella che avrebbe dovuto prendere era, allora, davvero la decisione più difficile: l’ordine con cui, proclamando lo stato d’assedio, si disponeva drasticamente la chiusura delle frontiere ai cittadini di nazionalità araba e la concentrazione di tutti quelli, regolari e clandestini, che già si trovavano in Italia, negli stadi di calcio ove sarebbero state allestite dall’esercito, in tutta fretta, tendopoli attrezzate. Lì, i nuovi reietti sarebbero stati isolati dal resto della popolazione per un tempo indefinito in attesa dei possibili sviluppi della situazione.
Lui sapeva benissimo che, sia per l’eventualità che avesse firmato che per quella in cui non lo avesse fatto, le conseguenze di politica interna e internazionale sarebbero state comunque gravissime e incalcolabili. Ma non era più il tempo delle attese e dei rinvii.
Poi il telefono squillò. Lui fece un sobbalzo. Alzò la cornetta. Una voce calma dall’altra parte gli rovesciò nell’orecchio alcune parole dure, ma ferme. Non disse una parola il ministro. Deglutì solo nel riagganciare l’apparecchio e poi, mentre si abbandonava allo schienale della poltrona, chiuse gli occhi.
Quindi sfilò lentamente la penna dalla tasca interna della giacca e firmò.

16 pensieri su “La firma

  1. Ciao, mi chiamo RobyMad e sono un nuovo rompiscatole. La firma è l’unica cosa che ho letto di te e devo dire che a me piace. C’è l’angoscia dell’azione che si deve intraprendere e la consapevolezza che non esiste la scelta giusta. Anzi, penso sia troppo leggero (io scrivo racconti del terrore). Ciao

  2. Speriamo che rimanga solo un racconto fantasioso e non una pagina di un evento terroristico reale. i servizi per la sicurezza hanno parlato di possibili atti terroristici nelle città del tuo racconto. Dobbiamo ringraziare chi ci governa se questa minaccia ha già alterato i nostri pensieri, aggiungendo preoccupazioni a preoccupazioni, ciao*

  3. Speravo tanto che quella telefonata fosse una voce dall’aldiqua che diceva ‘svegliati, svegliati che fai tardi al lavoro’…ma non si può avere tutto. Certo è che l’anonimo di turno che polemizza non manca mai nemmeno a te;)

  4. Grazie per aver firmato il mio blog….e ti informo che c’è la rivista del web dove pubblicare i tuoi scritti: “la Webrivista di Miry”….ciao Miry inviata speciale della webrivista

  5. no, questo non mi è piaciuto….sembri mia nonnna:
    “sti arabi, sti arabi, che ci stanno invadendo..”
    -ma nonna non ci stanno invadendo…se da loro è una merda….e poi anche nelle tue chiese c’è il diritto d’asilo…..-
    “a mi nun me ne importa proprio gnente, chesta ghente chì a me me fa schifo, metti che uno viene t ciapa e te porta via che fai,eh..?
    quando non potrai neanche ussire in strada ne riparlaimo…”

    nonnonno, da chi ha un minimo di culturaa questi discorsi sono inaccettabili.
    magari ho inteso male io…ma..no, questo non mi è piaciuto proprio.
    P.S. com’è che sei l’unico che non risp ai commenti..?

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