Ieri notte. Alle tre

Mi svegliai di soprassalto. Uno sbuffo d’aria fredda mi si era posato sul volto. C’era un silenzio innaturale in casa: il buio sembrava guardarmi e i muri della stanza erano come protesi verso di me. Stavo soffocando. Afferrai nella penombra il bicchiere d’acqua che un’abitudine mai dimenticata ha reso sempre presente sul comodino. La sveglia, con i suoi occhietti luminosi, segnava le tre. ‘Deve essere stato un incubo’ pensai. ‘Sono sempre più frequenti, del resto.’
Mi girai da un lato, per riaddormentarmi, tirandomi fin sotto il collo le coperte calde. Quella sensazione di disagio mi si era appiccicata addosso.
Passarono diversi minuti. Feci appena in tempo a rientrare in un sogno ancora più agitato che ancora quell’alito freddo mi aleggiò sul viso. Questa volta era stata come una carezza d’aria, prolungata e lieve.
Mi alzai. Feci il giro della casa a chiudere finestre e porte, trovandole però tutte serrate. Tesi l’orecchio. Non c’era vento sul tetto. Il ramo di mimosa appena fuori dalla finestra era immobile.
Mi rimisi tra le lenzuola, con gli occhi chiusi, sforzandomi di non pensare alla lunga giornata che mi aspettava; poi finalmente, all’alba, scivolai nuovamente in un sonno affatto ristoratore.
A lavoro, la giornata difficile mi fece dimenticare ben presto la notte semi insonne. Gli impegni si succedevano a ritmo incalzante. Tutto era urgente, tutto era improcrastinabile. Il telefono, come contorno di quella giornata da dimenticare, non smetteva mai di far sentire il suo suono odioso.
Verso metà mattinata era poi successo qualcosa di complicato da qualche parte dell’entroterra. Occorreva andare sul posto, ovviamente subito.
Avevo appena lasciato la scrivania per uscire quando il telefono squillò ancora. ‘Forse hanno risolto il problema e non devo più andare fin laggiù’, mi dissi.
«Ciao» si sentì semplicemente dall’altra parte. Era un suono solo, con un eco leggero di sottofondo, come se stessero parlando da un luogo vuoto: ma riconobbi subito quella voce nonostante fosse passato tanto tempo.
«Mi fa molto piacere risentirti» feci io, tentando di capire a cosa preludesse quel tono.
«Avrei voluto telefonarti prima, ma lei non ha voluto» fece la voce del mio amico, rotta dall’emozione. «So quanto lei significava per te… aveva un brutto male all’intestino… mi spiace tantissimo.»
Il mondo mi si spezzò in due. Erano trascorsi vent’anni da quando ci eravamo lasciati a seguito di quella infantile incomprensione, ma non c’era stato giorno che non avessi pensato a lei, tanto che avevo sempre nutrito, in cuor mio, la speranza che le cose si sarebbero prima o poi aggiustate, che saremmo tornati insieme come tutti i grandi amori assoluti.
«E quando è morta?» domandai con la gola arrochita.
«Ieri notte. Alle tre.»

23 pensieri su “Ieri notte. Alle tre

  1. ciao briciolanellatte:)
    grazie per il passaggio tra le mie parole…
    è bello quello che hai scritto. anche tu guardi all’in sù, per strada in pieno centro? ^_^
    a me capita anche troppo spesso 😛
    a presto
    hermana

  2. Ho scoperto per caso il tuo blog e lo visito frequentemente, ma non ho lasciato mai un messaggio perchè gli altri commentano sempre meglio di me le tue storie. Leggendo la storia di oggi però non me la sono sentita di andarmene senza farti un saluto e soprattutto senza dirti, che tu come i bravi scrittori sai descrivere in maniera mirabile quelle che sono le sensazioni che vivono la maggior parte dei comuni mortali. Anna

  3. Mi hai ricordato il mio urlo di una notte lontana più di vent’anni fa… é come se di notte i messaggeri si muovessero sulle ali del sonno… quella notte il mio urlo coincise esattamente con la fine delle sofferenze di un uomo… Ligeia, che crede ai veri legami anche se di mezzo c’é il tempo e la distanza…

  4. altro che gelare, che gelare…..ghiacciare…direi io!!!!!
    volevo risopndere al commento che hai lasciato sul mio blog e cioe`che dal vedere le lucine blu sul pc a sentire le voci ci vuole poco..ma a questo punto mi blocco!!!!!!!!!!
    cmq la lucina blu era solo il veder comparire in chat il mio “ragazzo” che si e` preso un periodo di pausa e io soffro!!!!
    ciao Asia

  5. Anche io stanotte mi sono svegliata di soprassalto intorno alle tre… e in passato mi e’ capitato di avere chiaro ad un certo punto nella mia mente che qualcuno fosse morto.
    Ci sto ancora riflettendo…
    Smilla

  6. Ciao Briciola grazie della visita,ho letto il tuo racconto mamma mia che pelle d’oca che mi hai fatto venire:o(.
    Mi dispiace per la povera ragazza,coraggio dai,daltronde è la vita,mi piace come scrivi,continua così alla prossima buona giornata..AliceTizzy:o)

  7. Mentre mia nonna moriva, dall’altra parte della casa, io mi svegliavo di soprassalto, gridando. Nel mio sogno mi aveva appena detto una cosa che, viva, non poteva sapere. A volte i morti ci salutano, prima di andar via, e che questo bel racconto sia frutto della tua splendida fantasia non impedisce che possa accadere. E a me piace pensare che quest’ultimo saluto sia un gesto d’amore. Un bacio, Riccio

  8. Nnon scrivo nessun commento, perchè, questo post, è così vero che ho paura di non saper esprimere il magone che mi è venuto. Io sul comodino ho una bottiglia d’acqua, senza di lei non dormo tranquilla.Ciao Cicoria

  9. Qualcosa di simile mi accade tempo fa, ma mai avrei saputo raccontarlo come hai fatto tu. Qui ho ritrovato le parole giuste, ora vado a dormire più serena. Buonanotte.

  10. Ti capisco ed apprezzo il tuo post, non sò se autobiografico o del tutto inventato. Perchè io un grande amore smarrito oltre venti anni fà per infantile incapacità a venirci reciprocamente incontro ce l’ho veramente. Mi hai fatto vibrare come una corda di violino. Ciao Briciola. 😉

  11. Brrrrrrrr…..brividi.L’unico dubbio che ho….fantasia o realta’…???? Il che per te che scrivi e’ un bel dubbio. Considerando che ci sia anche un po’ di te in quello che scrivi…..e per stemperare le emozioni…ma lo sai che anche io ho sempre l’acqua sul comodino !!!! Penso che ne faro’ un post…mi sono capitate cose buffe con l’acqua di notte. Ah….spero che sia fantasia…Ciao. Andrea

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