La decodifica

«Mi aveva fatto chiamare, Generale?»
Il Generale Waterhouse era di spalle: stava guardando dalla finestra, come se quella fosse stata una vera finestra e non un dannato bunker quindici metri sotto terra.
«Mio caro Iosif » disse lui voltandosi con misurata lentezza «ho una buona notizia per te, ma anche una cattiva.»
L’ucraino, che aveva smesso di sentirsi una persona normale da quando aveva deciso di abbracciare la più proficua professione di traditore, istintivamente si irrigidì. A Iosif Dimitri Ul’yanov non piaceva il Generale, né il suo tono greve, né quella sua aria da padreterno.
«La sua capacità di decodifica ha dello stupefacente» sorrise l’ufficiale mostrando una fossetta sulla guancia sinistra. «Lei potrà lavorare a tempo pieno per questo Comando. Sono disposto a finanziarla personalmente qualora non ci voglia pensare il Governo.»
«E la notizia cattiva?» fece lui sentendo una fitta allo stomaco là ove una buona dose di wodka stava trastullandosi con la sua modesta colazione.
«La notizia cattiva…» sibilò il militare strascicando appena l’ultima vocale «… è che la chiave di codifica, che lei ci ha fornito così brillantemente, ci ha consentito di leggere un documento pervenutoci da Mosca, per canali diplomatici, questa mattina. Non voglio farla tanto lunga. Il KGB è a conoscenza che lei è qui, in questa base.»
Iosif sentì freddo sulla sua pelata pallida. Aveva cominciato a tamburellare con la mano sulla sua coscia come faceva del resto quando si sentiva spacciato, il che era accaduto spesso negli ultimi tempi.
«Ma questa è una base sicura, non è vero Generale?» chiese l’ucraino che non aveva però nessuna voglia di ascoltare la risposta.
«Per essere sicura lo è. Tuttavia, mio caro Iosif» e la pausa questa volta aveva l’amaro sapore dell’adrenalina che scorreva come un torrente in piena nel gracile corpo dell’impiegato «tuttavia, dal documento decifrato, abbiamo anche appreso che nella base c’è un uomo che già da una settimana ha avuto l’incarico di ucciderla. Non sappiamo chi è, ma ci stiamo lavorando.»
Iosif allungò una mano malferma ad afferrare lo schienale della sedia che aveva davanti a sé. Si sedette rumorosamente.
«Ci tenevo ad avvertirla, Iosif, lei si è rivelato un prezioso collaboratore. Desideravo stesse in guardia.»
Iosif non lo stava neppure più ad ascoltare. La vista gli si era fatta tremolante. Ora affollavano la sua mente solo immagini confuse: di quando era bambino e giocava nella neve con la sorella Irina a Pashbagòra. Di quando rubava il miele al vecchio Dobrov giù in città o quando, da marinaio sulla Teprévitza III, passava le notti da sentinella a rimirare con il naso per aria un cielo stellato da togliere il fiato.
Il Generale stava ancora parlando, ma l’ucraino aveva già abbandonato la sedia con la testa che gli girava vorticosamente. Si era avviato alla porta trascinando i piedi, voleva uscire di lì, ritornare nella sua stanza. Si sentiva stanchissimo, come se gli fossero piombati addosso una vagonata di anni arretrati e la pelle adesso gli andasse stretta tanto gli si era raggrinzita.
Poi sentì, per un attimo, che il militare, nel suo soliloquio monotono, gli stava dicendo che ‘ogni scelta, dopo tutto, ha il suo fardello di medaglie e di sconfitte’.
Si voltò Iosif con il cuore che gli batteva a mille. Si voltò appena in tempo per vedere che il Generale Waterhouse aveva tirato fuori la sua pistola d’ordinanza e che stava facendo fuoco proprio su di lui.

8 pensieri su “La decodifica

  1. Chiunuqe dei lettori di Briciola nel latte volesse partecipare all’Esperimento di Scrittura collaborativa è caldamente invitato a farlo! 🙂

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