In via delle Oche storte

Per andare a lavorare lascio sempre la macchina nel posteggio esterno di Lughi il cui centro è divenuto da qualche tempo isola pedonale. Proseguo poi a piedi, approfittando di quei due passi per svegliarmi, visto che il mio risveglio è spesso un po’ difficoltoso.
Mi capita così di passare per via delle Oche storte (un giorno o l’altro mi devo far spiegare questa strana toponomastica) dove c’è sempre un signore, di una certa età, dall’aria malconcia seduto sul marciapiede a far l’elemosina. Ha la barba lunga, incolta e non si capisce se sia o no invalido dal momento che una coperta sudicia, qualunque sia la stagione, lo copre dalla cintola in giù.
E’ praticamente impossibile passare di lì senza far scivolare qualcosa nella scatola da biscotti che predispone davanti a sé. Lui ringrazia sempre, mestamente, con un fil di voce, senza guardarti mai negli occhi. Anche il cane, acciambellato a poca distanza, sembra moribondo e sono più le ore che passa a dormire che quelle in cui dà segni di vitalità.
Poi, l’altro giorno, l’imprevisto: il lavoro che dovevo preparare era andato in fumo. L’hard disk del mio pc aveva pensato bene, per i soliti motivi inspiegabili, di considerare illeggibile un file su cui ci avevo lavorato tutta la sera. Una copia l’avevo però salvata, già nel pomeriggio, sul computer dell’ufficio, sicché se ci fossi andato presto, sarei stato in grado di riscrivere il documento in poco più di un’ora.
Nel percorrere in fretta via delle Oche storte, in quell’ora così presta, ero sopra pensiero per cui subito non feci caso a quello che mancava. Poi realizzai: il barbone non c’era. C’era il suo cane moribondo, la scatola dei biscotti aperta, ma lui no. Tornai indietro. Guardai meglio e lo trovai all’interno del Bar Toto, il primo di Lughi ad aprire al mattino: se ne stava in piedi con un braccio appoggiato sul bancone a mangiarsi con calma, come fosse un rito, una grossa brioche alla crema intingendola nel cappuccino fumante davanti a sé. Aveva l’aria svagata e parlava amabilmente con il barman. Quindi lo vidi prelevare una seconda brioche dalla teca che conteneva i prodotti da forno. Uscito dal bar la gettò al cane che, risvegliatosi dal torpore, la ingoiò in un solo boccone.

13 pensieri su “In via delle Oche storte

  1. Anche a me ha dato un senso di amrezza leggere questo tuo post, no perfettamente spiegabile. Così come non sembra essere la tua. Tempo fa c’era alla tv una trasmissione non male sui senzatetto, la conduceva Berrì: interessante per capire, almeno per alcuni, quali sono le cause che conducono ad una vita di questo tipo. Saluti. Chiara.

  2. Fortissima la vignetta di oggi!Forse, e dico forse per scaramanzia, fra un po’ di tempo riuscirò a mettere il link permanente relativo alle vignette sul mio blog sato che ora c’è un’ulteriore finiestra in cui inserire i link, ovviamente previo soccorso dei tecnici di Bloggers.it.

  3. è il suo lavoro! e dunque prima di cominciare come tutti si fa il cappuccino; scusa a te non piace? ho anch’io una storia su un barbone, è un po’ più triste.. appena finite le “puntate” di meno inquietanti orrori la metto ; ciao!A.

  4. Vedila cosi’: per alcuni e’ una specie di lavoro… non per tutti, ma non conviene pensarci… se si ha qualche spicciolo glielo si può dare, non cambia la nostra vita, e nemmeno la loro. Puo’ dare amarezza pensare, o vedere, che non sia un vero “bisogno”. Non bisogna pensarci. A loro puo’ andare bene così? E sia. Altrimenti tirare dritto e’ meglio.
    Buoni giorni
    Muji

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