Questioni di corna

“Che luce qua dentro!”
“Sì, mi sono permesso di cambiare la lampadina, quella di prima sembrava un lumino da morto.”
Celestino sorrideva, era felice per quella ventata di novità, anche se continuava a non capire perché potessi provare tanto interesse per un mucchio di carta vecchia e ammuffita.
“Però! Non mi ero mai accorto che ci fosse tanta polvere così!” disse stupito “beh… senti… ti lascio le chiavi, ne ho fatto una copia, così puoi fare con comodo.”
“Grazie Celestino, sei un amico.”
Le chiavi tintinnarono a lungo nell’aria fino a quando non le feci sparire nella tasca. Adoravo quelle ore passate nell’archivio del Tribunale di Lughi, soprattutto in quella stanza speciale, l’H88 dove erano custodite la pratiche giudiziarie dell’Ottocento.
E mentre sentivo i passi di Celestino allontanarsi nel corridoio, ne aprii una a caso: era una nota informativa del comandante interinale della Stazione dei Carabinieri di Lughi, maresciallo Porzio Quinno e portava la data del 20 settembre 1888.
“In riscontro alla Vs. del 18 settembre u.s. mi pregio segnalarLe che, durante l’annuale mercato rionale di bovini tenutasi come sempre nella piazzetta di Lughi, i due allevatori Stelvio Guarnazzi e Tullio Bisarò sono venuti per l’ennesima volta alle mani per una questione attinente ai loro capi di bestiame. Come la S.V. Illustrissima già sa, tra i soggetti indicati non corre buon sangue da diversi anni, più esattamente da quando il figlio del Guarnazzi morì, per un incidente agricolo, cadendo da un ciliegio del Bisarò per il quale il ragazzo lavorava come raccoglitore stagionale. Il Guarnazzi ha sempre accusato il Bisarò che il figlio non sarebbe morto se fosse caduto sull’erba anziché su di una falce fienaia dimenticata alla base dell’albero.
I due non perdono, dunque, occasione per azzuffarsi e la ragione del litigio questa volta sarebbe da ricercare nelle ‘attenzioni’ che il toro Nembonero del Bisarò avrebbe riservato alle vacche del Guarnazzi (avrebbe cercato di montarne una) proprio in occasione del mercato suddetto. Anche il toro del Guarnazzi, Pilato, pure presente, avrebbe dato segni di insofferenza per questa invasione di campo da parte del rivale, creando scompiglio tra gli astanti.”
Nell’incartamento c’erano poi anche alcune dettagliate informative, tra cui una del Ministero della Guerra, sul passato burrascoso del Guarnazzi, che garibaldino della prima ora, avrebbe anche fatto parte della battuta di caccia al brigante Colummella, ucciso in circostanze mai chiarite sulle alture di Tòdaro nel 1865. Leggendo qua e là risultava peraltro che alcuni testimoni avevano dichiarato di aver visto il Guarnazzi unirsi alla combriccola partita per catturare il brigante ritenuto responsabile dell’assalto alla carrozza del Marchese Filimberti, sulla strada per Bigialli, costato la vita a quest’ultimo, alla moglie e al figlio dodicenne Umberto. Il Guarnazzi, respingendo ogni accusa, avrebbe però sempre affermato di essere sì partito con il gruppo di persone riunitesi per la spedizione punitiva contro il Colummella, ma di essersene poi distaccato per raggiungere la città di Momegliano dove l’attendevano dei compratori di bestiame.
In una busta, che un tempo doveva essere arancione, fuoriusciva inoltre la foto di un signore di sessant’anni circa dai baffoni generosi e dal piglio fiero e inquietante. Difficile dire se si trattasse o meno del Guarnazzi, visto che, stranamente, era stata inserita molto tempo dopo i fatti, quando probabilmente la pratica era stata già archiviata. La data scritta sul retro della foto con una grafia tutta svolazzi e ghirigori (2 dicembre 1902) non lasciava dubbi al proposito.
Nella nota successiva, il comandante Porzio Quinto, che per la prima volta si firmava ‘maresciallo d’alloggio ordinario’, comunicava all’Autorità giudiziaria:
“Facendo seguito alla nota precedente, Le comunico che questa mattina Stelvio Guarnazzi ha denunciato la sparizione del suo toro Pilato. Poiché nutriva sospetti che si trattasse di una mala azione del Bisarò, mi invitava ad intervenire sollecitamente presso quest’ultimo onde averne contezza. Recatomi tosto al podere del Bisarò, non lo trovavamo in casa. Essendo però stati avvertiti che il suddetto trovavasi, insieme ai suoi braccianti, presso la vigna di Marcialla per la vendemmia, ci siamo portati in tale località. Avuta la sua presenza, il Guarnazzi si è scagliato contro il Bisarò per aggredirlo. La pronta reazione del sottoscritto ha però evitato il peggio. Riportata la calma fra i due contendenti, ho contestato al Bisarò l’accusa portatagli dal denunciante, ma lui ha negato ogni addebito; ho allora intimato al Bisarò di farmi visionare la sua stalla, luogo idoneo a nascondere eventualmente la bestia sottratta. Giunti sul posto abbiamo tuttavia trovato la porta della stalla sfondata e, al suo interno, uno spettacolo raccapricciante. Il toro del Guarnazzi era effettivamente lì, con la catena spezzata che gli ciondolava su di un fianco, ma aveva anche preso a cornate nella pancia Nembonero che, essendo a sua volta legato per l’anello al naso, non aveva potuto difendersi. Nembonero, steso per un fianco, con le interiora che gli fuoriuscivano dal vasto squarcio del ventre, rantolava sbattendo nervosamente il muso contro la terra imbevuta di sangue.
Senza fare neppure un fiato il Guarnazzi, dopo aver gettato un’occhiata di sfida al Bisarò, ha ripreso la sua bestia e si è allontanato.
Dopo i fatti narrati, il Bisarò non ha avanzato rimostranze di sorta, né presentato domande risarcitorie all’Autorità giudiziaria in indirizzo.
Tanto si doveva per il più a praticarsi.”

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