Riflessi

Come succede spesso, quando passo davanti al forno di Bastiano, la sosta diventa obbligatoria. Così è capitato l’altro giorno, anche se era un’ora insolita: le due del pomeriggio.
Posteggiai la macchina sotto il tiglio dell’entrata e mi inoltrai. Lo stanzone era vuoto, il forno spento, gli scaffali, dove di solito stanno a raffreddare le teglie, vuoti. E soprattutto non c’era Bastiano. Vedere quel luogo, fonte inesauribile di sopraffine delizie, senza il suo artefice era come vedere un teatro pieno di orchestrali pronti a suonare Mozart, ma senza il loro direttore. Mi venne il magone.
Uscii in fretta e mi diressi verso l’orto dove a volte Bastiano, che come agricoltore invece non è granché, litiga con patate, pomodori e fagiolini. La verità è che con la vita che fa, si dimentica di innaffiare o di togliere le erbacce o di dare l’antiparassitari per le dorifere, sicché il suo orticello spesso si trasforma in un supermercato per ogni tipo di insetto di passaggio dove, anzi, sembrano darsi convegno quando sono in fuga dagli altri campi intossicati come sono dagli anticrittogamici.
Ma lui non era neppure lì.
Visto che ero sul retro della casa feci allora un salto nella cantinotta: la porta era socchiusa. Aprendola un’ondata di fresco e di odor di tufo misto ad un vago sentore di vinaccia mi investì. Quel posto sembrava più piccolo visto da fuori, mentre in realtà doveva avere una notevole capacità a giudicare dal numero cospicuo di bottiglie religiosamente reclinate che vi erano stipate. Richiusi la porta, non era bene che il caldo entrasse là dentro e mi diressi verso la casa: cominciavo ad essere preoccupato anche perché la vitalità di Bastiano è sempre tale che è impossibile che vi sia a lungo silenzio attorno a lui.
Trassi a me la porta che come al solito non era chiusa a chiave ed entrai. Superai la sala, lo studiolo… e poi lo vidi là, in cucina. Era seduto, da solo, sulla panca del tavolo proprio di fronte alla finestra incendiata dalla luce del sole. Aveva le braccia incrociate sul tavolo e il mento appoggiato ai polsi. Pareva dormisse mentre in realtà stava guardando intensamente, in trasparenza, una bottiglia di vino che sembrava essersi accesa al chiarore che filtrava prepotente dai vetri: ovunque, per la stanza, c’erano riflessi e bagliori rosati. Mi dava le spalle, Bastiano, e dunque non mi poteva vedere. Ogni tanto, senza abbandonare quella curiosa posizione di semisdraiato con il busto sul tavolo, muoveva con la mano sinistra la bottiglia di vino ponendola in obliquo ora a sinistra ora in avanti, ora a destra ora indietro.
Poi arrivò un rumore alle mie spalle, forse proveniva dalla strada. Sta di fatto che Bastiano si girò nella mia direzione accorgendosi di me.
“Oh ciao… è da molto che sei lì?”
“No, sono appena arrivato. Ero preoccupato perché non ti trovavo da nessuna parte.”
Credo che sorrise, Bastiano, ma non vidi bene perché, nonostante si fosse tirato su, la sua faccia era sempre rivolta verso il vino.
“Vedi questa bottiglia?” mi disse con un’intonazione piuttosto malinconica “è una delle ultime confezionate da mio padre. E’ dell’ottimo chiaretto qui delle colline di Lughi. Dopo la sua morte, non ne ho più bevute, le ho conservate tutte.”
“Sì, capisco, Bastiano, è un ottimo vino, me lo ricordo, l’abbiamo bevuto insieme tante volte, ma è giusto così, conservarle…”
“Già” fece alzando le sopracciglia, ma tenendo sempre gli occhi sul vino. “Non è l’unico motivo, però, per conservarle. Mio padre diceva sempre che con la luce giusta e con un’inclinazione particolare della bottiglia, lui ci vedeva il viso di mia madre. Ma io non riesco a vederci proprio niente.”
Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui sulla panca.
“Mio padre diceva anche che la mamma era bellissima. L’aveva conosciuta al mercato che erano giovani giovani e si innamorarono subito.”
Ora il suo sguardo spaziava fuori, in un punto non focalizzato della memoria dove tutti i ricordi si addolciscono e si stemperano.
“Mi sarebbe piaciuto vederla almeno per una volta, la mia mamma, anche se solo in riflesso. Così le conservo tutte queste bottiglie, magari un giorno o l’altro riesco a vederla.”
Si passò la mano grande e rugosa sul viso, Bastiano, come per cancellare tutte le nubi nere che gli si erano addensate nel cuore. Quindi mi mise la mano sulla spalla e disse:
“Andiamo, che oggi mi aiuti a fare il pane.”

13 pensieri su “Riflessi

  1. Não entendo muito o italiano, mas algo sim e digo que aqui tem muito sentimento e adorei sua visita ao meu Momentos….Sentimentos… e que bom poder saber que você sempre me visita!!

    Un abbraccio (escrevi certo?..rs)

    Beijos

    Chris

  2. Tenerezza e dolce melancolia…
    Mi ricorda un grande film, “L’Atalante” di Jean Vigo del ’34… il protagonista che immerge la testa nel secchio d’acqua e poi si butta nel fiume per vedere l’immagine dell’amata?
    Lo spunto del chiaretto e’ bellissimo.
    Buoni giorni.
    Muji

  3. l’odore del pane, il calore del sole, la brillanetezza del vetro attraversato dalla luce, la quiete che aleggia in alcune case ed alcune anime, nonchè le allegre brigate di insetti nell’orto biologico… Sfiorano la memoria di qualche romanzo lontano. Rinfrescano la fantasia che il crudo realismo mediatico sta scansando. Fanno sorridere con tenerezza. Emozionano. E fanno accapponare la pelle. …grazie…

  4. Si, Briciola. Tenero, delicato, introspettivo. Splendida l’idea dell’iimagine della madre riflessa nella bottiglia. Sei formidabile. Corregi prepatate…Un abbraccio. Percival

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