La lampada

“Come mai quella lampada è sempre spenta?” chiesi ad Oreste che stava asciugando un bicchiere.
“Non dirmi niente. Mi fa impazzire. Sono sempre lì a cambiare la lampadina. Una giorno, è mezza svitata, un’altra volta, addirittura fulminata. Ho cercato di ripararla in tutti i modi, ho sostituito il filo, il portalampada, l’interruttore… ho chiamato persino l’elettricista a controllare tutto l’impianto. Niente! Funziona tutto a meraviglia tranne la lampada. Comincio a pensare che mi faccia i dispetti. Al suo posto devo tener sempre acceso quel faretto lì che consuma però molto di più: senza luce, del resto, non vedo neppure dove metto le mani.”
“Non sarà che, a forza di parlare in questo bar di spiritelli e forze del paranormale, è rimasto intrappolato qui qualche fantasmino?”
Oreste non mi rispose, si girò per posare il bicchiere oramai asciutto, ma dallo specchio vidi che si ‘toccava’ per scaramanzia.
“Potresti cambiare il nome del locale: anziché Bar del Cinghiale, lo potresti chiamare bar del Fantasma errante! Suona anche bene” insistetti.
“Già, così non entrerebbe più nessuno!” esclamò lui che non aveva capito che lo stavo prendendo in giro. “E poi questo locale, che prima si chiamava bar della Piazza, con la sua insegna ricorda un fatto realmente accaduto dieci anni fa…”
“Perché cos’è successo?”
“Adesso ti racconto. Era un periodo di sovrappopolazione di daini, ma soprattutto di cinghiali, tanto che tutti i contadini se ne lamentavano per i danni che procuravano agli orti ed ai campi coltivati. E un cinghiale, appunto, probabilmente spinto dalla fame – era infatti già inverno e c’era la neve alta nei boschi – è entrato sbuffando e caracollando in questo bar.”
“Ma dài…”
“Davvero! Ha sfondato la porta a vetri e si è piazzato minaccioso in mezzo al locale. Sarà stato più di un quintale.”
“E voi cosa avete fatto?”
“Gli avventori sono scappati chi nel bagno e chi nella saletta del biliardo. Io mi son buttato dietro al bancone da dove ne sono uscito armato di una grossa padella. Nel frattempo il cinghiale ha cominciato a sfasciare ogni cosa ribaltando tavolini e sedie. Ha finanche buttato giù la rastrelliera dei vini e il frigo dei gelati. Ha fatto un vero disastro…”
“Eri armato di una padella?”
“Già, ho preso la prima cosa che ho trovato: una padella che uso per le castagne. Non so perché l’ho fatto, ma mi è venuto istintivo. Solo che Marò, prima di scappare nella saletta, vedendomi con quell’aggeggio in mano, con la sua solita grazia, m’ha detto ‘Porca di quella maiala di tua moglie, guarda che prima di cuocerlo, lo devi scuoiare questo bestione!”
“Immagino…” gli dissi io assumendo l’espressione di chi comprendeva il problema.
“Poi, la bestiaccia si è messa a mangiare le noccioline tostate buttate a terra coi tavolini e, sbattendo all’aria quel che c’era ancora di sano, se n’è uscito anziché dalla porta, dalla vetrina che, fino a quel momento, era rimasta miracolosamente intera. Insomma, dopo che il cinghiale se n’è andato, sembrava che qui dentro ci avessero buttato una bomba!”
“Beh… speriamo che non ricapiti…” sospirai io.
E Oreste, che gi àsi era girato facendo finta di posare lo strofinaccio, si ‘toccò’ di nuovo. Poi, rivolgendosi a me:
“Beh, senti, se stai qui un attimo, scendo in cantina a prendere un cestello di coca-cola che l’ho finita!”
“Sì, sì vai pure.”
Oreste fece il giro del bancone e sparì dietro all’angolo della macchina per il caffè. Lo sentii aprire la porta della cantina; i passi sulle scale rimbombarono nel vuoto del sotterraneo.
In quel preciso istante, la lampada ‘fantasmina’ si accese. Mandava un bellissimo chiarore aranciato, creando un’atmosfera calda e accogliente. Mi guardai attorno per vedere se qualcuno avesse notato la cosa. Ma il gruppetto di amici che giocava a briscola non si era neppure accorto della mia presenza. Poi sentii la porta della cantina che si riapriva. Oreste stava tornando. La lampada, come se fosse stata dotata di un pensiero suo proprio, si spense.
“E’ successo qualcosa?” mi domandò Oreste posando il cestello sul bancone.
“No, assolutamente nulla, tutto normale” fu la mia risposta.

16 pensieri su “La lampada

  1. Briciola, se ti racconto di un topolino che si mangiava i Bounty (quelli mini) e lasciava la carta nel dispenser???
    un abbraccio affettuoso

  2. Che piacere la tua visita nel mio Blog! Il mio articolo dell’1-4 ha prodotto un traffico inaspettato sul Blog…Pubblicherò qualche tua vignetta fra un po’. Ho tentato anche ieri di mandarti un post, ma non ci sono riuscita, spero che oggi funzioni.

  3. Mi piace questi episodi di vita quotidiana, forse in questo momento critico per il mondo , chi ha un acerta sensibiltà aristica, si ricerca tra la quotidianità. Colgiere l’attimo .
    Baci max

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