Suor Cecilia

‘Gi mi stava facendo vedere, nel suo studio da investigatore privato, il nuovo fax che aveva comprato. Mi spiegava che aveva un mucchio di funzioni e una memoria gigantesca ben superiore a quella che gli sarebbe in effetti servito. Poi, aggrottando la fronte, disse:
“Una settimana fa mi è successo un fatto increscioso.”
Sottolineò questa frase mettendosi una sigaretta in bocca in una maniera che mi ricordò Dick Tracy. Era un mese che non fumava e quello, secondo lui, era un sistema per abituarcisi piano piano.
“Erano le tre di notte e mi trovavo appostato nella mia macchina davanti alla ditta di trasporti Corsi. Da qualche tempo avevano registrato degli ammanchi di merce dal magazzino ed ero stato incaricato della sorveglianza: finalmente ero a buon punto per beccare i responsabili. Ad un certo momento, con la coda dell’occhio, vedo un’ombra che mi passa accanto e va dritto al muro di cinta del convento, sai quello delle suore di clausura.”
“Sì, so dov’è…” gli dissi sedendomi sulla sua poltrona girevole che dovetti bloccare mettendo entrambi i piedi per terra.
“Svelto come un gatto, questo tizio si attacca ad una calata del pluviale, s’inerpica sul muro e con un salto è subito giù dall’altra parte. Io l’avevo detto alla madre badessa che era pericoloso tenere nell’atrio del convento gli arredi sacri d’oro massiccio in una semplice teca di vetro. Mi aveva chiesto una consulenza sulla sicurezza e io le avevo risposto che sicurezza non ce n’era affatto e che avrebbero dovuto mettere, come minimo, un impianto d’allarme. Mi rispose che costava troppo e che ci avrebbe pensato la Provvidenza a proteggere quel tesoro.”
“E tu allora cosa hai fatto, non l’hai bloccato? Dico il tizio arrampicatore.”
“Ero lì per un altro lavoro, che ho concluso peraltro, con successo, proprio quella sera lì. No, non ho fatto niente, non ho neppure telefonato ai Carabinieri perché sarebbero stati anche capaci di arrivare con le sirene spiegate e mi avrebbero rovinato settimane di appostamento. No, mi sono limitato a fargli una bella foto a quel balordo, usando la macchina ad infrarossi che avevo con me per il servizio. L’ho immortalato proprio mentre stava per saltare dall’altra parte. Si è voltato per un attimo, forse perché ha sentito il rumore del finestrino che stavo abbassando. Lui non mi ha visto, ma zac, il mio zoom ha visto lui.”
“E poi che è successo?”
“L’indomani sono andato a parlare con la badessa e, appena mi ha aperto la porta, le ho subito detto che mi dispiaceva che avessero rubato tutto, che le avevo avvertite di stare in campana, ma che non c’era da preoccuparsi perché, grazie alla mia efficienza, sapevo già chi era stato.”
“E lei?”
“Lei mi ha risposto, stupita, che non mancava proprio un bel niente nel convento e che la teca l’aveva ispezionata due minuti prima. Allora io le ho riferito che era sicuramente entrato un ladro durante la notte, tanto che lo avevo fotografato. Le mostrai la foto. Ma la madre, anziché ringraziarmi, si è irrigidita come un pipistrello surgelato e, infilata la foto sotto la tonaca, mi ha chiuso la porta in faccia senza neppure salutarmi.”
“Ma guarda!” dissi io che non mi aspettavo questo colpo di scena.
“Credo purtroppo di aver fatto un gran casino questa volta e, soprattutto, di aver preso un granchio con ‘sta faccenda del ladro.”
“Ma va?!?”
“Eh sì, perché lo stesso giorno, appena ha fatto buio, hanno allontanato dal convento, in tutta fretta, suor Cecilia. Vuoi vedere che quello era il suo amante?”

11 pensieri su “Suor Cecilia

  1. Noooo, troppo bello, l’epilogo!Troppo…..lo so che non va bene , ridere di un dramma….ma è una vicenda Boccaccesca, e cosa si può fare d’altro?

  2. Un mistero insoluto questo ,e tu ,Briciola , a parte ciò che è capitato alla povera suor Cecilia,cosa pensi sia effettivamente successo?Sempre bello leggerti..

  3. Non ci crederai, ma un fatto simile, o meglio, inerente la visita notturna (senza furti di mezzo!) a suor Giovanna, è accaduto anche nel mio collegio. Era una suora bellissima, tanto che, quando mio padre veniva a trovarmi, usava dire: «che buon gusto, ha avuto nostro Signore a scegliersi lei come sposa!» Il tuo bozzetto, Briciola, è -a dir poco – più che delizioso. Un abbraccio da Gardenia.

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