Nulla sarà più come prima

Una settimana fa avevo deciso di mettere a posto la mia libreria, in uno di quei raptus improvvisi che quando insorgono, bisognerebbe saper affrontare con coraggio seduti in poltrona cercando di prender sonno il più presto possibile. Si sa infatti quando si inizia, ma non si sa quando e se si finisce. Anche perché dare un ordine a degli oggetti particolari quali sono, appunto, i libri, implica, a monte, una scelta arbitraria e tutto sommato complicata; cambiare, poi, i criteri di ordinamento mentre si mette a posto, come accade a me, può persino diventare un esercizio di puro masochismo. Nonostante ciò, accolsi la sfida. Appena qualche attimo dopo, la polvere, anziché essere circoscritta ai libri, regnava già sovrana per la stanza, tanto che Bloomy il Gatto aveva deciso di trasferirsi, miagolando di protesta, all’altro capo della casa. Presi a sistemare anche la pila storica dei libri del liceo. Ma dopo aver posizionato il secondo o il terzo, cominciai a sfogliarli e lì commisi l’altro grave errore della giornata; è utile e divertente rivisitare i vecchi libri, ma solo se si vuole dilatare all’infinito l’opera di riordino e si desidera macerare, a fuoco lento, nella malinconia più cupa di tutti quei ricordi che l’apertura del vaso di Pandora di per sé comporta. E così accadde per il volume di trigonometria, per quello di biologia, di greco… una foto qua, un bigliettino là. Stracci sfilacciati del tempo che fu. Sospirando, diedi un’occhiata anche al libro di filosofia, rimasto in fondo al mucchio. Mostrava tutti i segni, più di altri, dell’usura e dei maltrattamenti subiti. Leggiucchiando a caso, mi accorsi subito, dalla grafia delle annotazioni a margine, che il testo non era il mio. Probabilmente c’era stato uno scambio. Cercai il primo foglio di risvolto e scoprii il proprietario: Claudio Cavassi. ‘Sì mi ricordo di lui’, pensai facendo ruotare lo sguardo all’insù nello sforzo mnemonico: era stato il mio compagno di banco nell’ultimo periodo del liceo. Un ragazzo dolce, ma molto schivo, riservatissimo, insignificante nella sua sciatteria, ma buono e stucchevole come un bignè alla crema pasticciera, tanto da sembrare completamente privo di ossatura scheletrica e di personalità. Il Cavassi, a ben pensarci, era un enigma per tutti. Nonostante fosse stato con noi sin dalle medie, non si era riusciti a sapere granché della sua vita: dove abitasse di preciso, quali fossero le sue reali compagnie, chi fossero i suoi genitori e se addirittura li avesse. Ma, quel che è peggio, non si conoscevano i suoi pensieri: tutto per lui andava sempre bene e la sua vita sembrava immobile, monotona, stagnante, come se avesse tratto un respiro solo, al momento della nascita, e fosse poi rimasto in apnea per il resto della vita, giusto per non disturbare. Finito il liceo, del resto, nessuno aveva più avuto notizie di lui. Come se fosse rientrato silenziosamente in quel Nulla che lo aveva partorito. Poi la mia attenzione fu attirata da alcune frasi che campeggiavano nella seconda di copertina: erano scritte con inchiostro color verde acquamarina, quello che lui usava sempre:

Una, mille, centomila gocce di pioggia scendono a dilavare strade e tetti. Una, mille, centomila lacrime d’acqua che non sapranno mai emendare le mie colpe orribili. Sopra e dentro di me, un cielo troppo angusto per raccogliere la mia sofferenza e la mia disperazione. Nulla sarà più come prima.

16 pensieri su “Nulla sarà più come prima

  1. avrò scritto e cancellato almeno 10 volte un commento a questa tua storia, e ancora non so se riuscirò a terminarne uno. Il punto è che mi hai lasciata senza parole: mi aspettavo una storia con finale comico e invece mi ritrovo un nodo alla gola e l’amaro in bocca di chi pensa che forse è troppo tardi. I silenzi sono segno di grandi riflessioni, se durano a lungo andrebbero rotti per evitare che diventino la maschera di chissà quale grande sofferenza. Grazie ancora una volta per la tua storia, briciola, che mi ha insegnato tanto. Un abbraccio Taurie

  2. Non so più quale gradutoria stendere , dopo aver letto questo racconto che partito in chiave lievemente umoristica ha un finale così commovente ed inquietante!Certamente nel mio gradimento occupa uno dei primi posti.Quali colpe orribili, può nascondere un ragazzo dotato di così acuta sensibilità, quali fragilità Come un’ala nera si stende il mistero! Ricordi affiorano ed annegano nella non-conoscenza.Quante persone silenziose ci sfiorano col fardello del loro vissuto ,ogni giorno,ogni ora , ogni minuto, e di esse abbiamo solo una pallida immagine, mondi abissali di solitudine e di pregiudizi da esse ci separano, limiti del nostro limitato essere.Domande , domande senza risposta alcuna!

  3. Davvero commovente. E’ bello scavare nei ricordi e far riaffiorare le emozioni, alle volte fa un po’ male, ma il tempo che passa cambia la sofferenza in struggimento.

  4. E’ molto bello essere letto da voi. Grazie Due, grazie Sil e grazie anche a te Patchwork. E’ piacevole essere seguiti così. ‘Stessastoria’ verrò a trovarti senz’altro. Ciao.

  5. Una, mille, centomila storie potresti raccontare..e io lì, a bocca aperta, non mi stancherò mai di leggerti. I miei libri di latino sono sullo scaffale in alto della libreria, ogni tanto, con la copertina azzurra attirano, per un attimo, la mia attenzione…adesso mi hai fatto proprio venire voglia di rispolverarli.
    Grazie per essere venuto a trovarmi sul mio blog 😉

  6. Le disperazioni più grandi spesso non urlano, non ti fanno strappare i capelli, non si alimentano di gesti eclatanti: stanno lì, ben nascoste, e ti cosumano come tarli. Sil

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