L’acceleratore di immagini

I due ragazzi si scambiarono tutte le informazioni in loro possesso. Così Banco venne a sapere che il Bigio, il Polacco e lo stesso IT altro non erano che Demoni, Emissari appunto del Malvagio. Tessa, che non ascoltò granché di quello che Tago andava raccontando, si accorse invece che il nuovo venuto era davvero carino: i capelli lunghi e mori, con una larga fascia azzurra sulla fronte a tenerli fermi; gli occhi erano castani e aveva un viso che faceva simpatia: sì, forse era un po’ piccolo di statura ed anche più vecchio rispetto a lei, ma aveva un non so che di affascinante. E dire che lei l’aveva trattato anche male. «Bisogna mettersi in contatto con Franz e Nora…» sbuffò Banco ansioso di avere presto una rivincita. «Devono sapere che IT è un Emissario del Malvagio. Chissà da quanto tempo spiava le loro mosse!» «Sì, hai proprio ragione» fu d’accordo Tago che si sentiva fissato da Tessa in modo imbarazzante. «Torniamo in Sede e parliamo con loro: possiamo andarci anche a piedi, il camion della nettezza non ci ha messo molto dalla casa alla discarica» insistette Banco. «Purtroppo non è così» gli rivelò Tago prendendolo sotto braccio «la Sede è solo un’Immagine, solida sì, ma sempre e solo una Immagine. E per entrarci bisogna usare un Gator». «Che la Sede della Compagnia fosse un’Immagine ce l’hanno detto anche Franz e Nora, ma a me sembra una stupidaggine» si sfogò Banco. «Come fanno a esistere delle strutture invisibili e solide allo stesso tempo…?!?» «Eppure è così» ribadì Tago. «È il Gator che crea digitalmente queste strutture che sono tenute insieme tra loro da forze magnetiche super potenti; da una parte legano tra loro i bit che la costituiscono come mattoni e, dall’altra, li fa vibrare ad una velocità superiore a quella della luce che li rende di fatto, dall’esterno, invisibili. In un primo momento i Gator costruivano Immagini, per la necessità e le richieste dei loro utilizzatori (per lo più aziende pubblicitarie), ma poi hanno cominciato ad operare in modo autonomo e indipendente dai comandi loro imposti arrivando persino a decidere loro stessi quando e come creare queste strane strutture. Sembra che ci sia stato un bug nel sistema operativo originario che ha reso i Gator, ad un certo punto, intelligenti e autosufficienti; così attualmente accade che i navigatori ad oggi esistenti, e ce ne sono davvero molti in circolazione, producano decine e decine di Immagini al giorno creando mondi alternativi per lo più inesplorati. Per entrare e uscire da queste strutture e dalla Dimensione delle Immagini nel loro complesso non si può far a meno però di un navigatore. In caso contrario, si rischia di doverci restare intrappolati per sempre». «Ma è incredibile!» fece Banco. «Quindi ci vuole necessariamente un navigatore di tipo Gator per tornare nella Sede» disse Tago «e da quello che mi ricordo ce ne dovrebbe essere proprio uno, in quel paese lì, nella toilette di un bar». «Come mai i Gator sono sempre sistemati nei bagni?» chiese Tessa cercando di fare gli occhi dolci a Tago. «Non lo trovo né chic, né elegante». «Perché i Gator terrestri, come quello che avete sfruttato voi da casa vostra per entrare nella Sede, utilizzano le tubature e le onde magnetiche dell’acqua. Funzionano come una specie di acceleratore di particelle. I Gator delle Immagini sfruttano invece l’elettricità elettrostatica che tiene insieme i punti dell’Immagine. Sono ugualmente piazzati nei bagni per parallelismo con quelli terrestri e anche per comodità, così non si deve andare a cercarli altrove». «Però!» esclamò Banco «e quindi con questa specie di fionda elettromagnetica si viene proiettati nell’iperspazio…» «No, non si è teletrasportati come pensi. Quello cui fai riferimento tu è un tipo antiquato di trasbordo. Lo puoi vedere solo nei telefilm di fantascienza». «E allora che succede?» «Grazie all’accelerazione di particelle, il Gator crea un’apertura nella struttura digitale dell’Immagine tridimensionale iniettando il soggetto all’interno di essa e ricostruendogli attorno l’Immagine che si era aperta. Pensa che, quando siete entrati nella Sede della Compagnia, in realtà, come spazio, eravate ancora nella stanza di camera vostra, ma in una Dimensione diversa, invisibile dalla Realtà, quella appunto del Mondo delle Immagini». «Strabiliante!» fece Tessa. «Ma allora, se ho ben capito…» fece Banco spalancando gli occhi «non siamo ancora usciti dall’immagine della Sede della Compagnia in cui siamo entrati!» «E invece ne siamo usciti, purtroppo, anche senza usare un Gator. Siamo infatti passati attraverso un Varco di Uscita, una specie di porta di sicurezza che il Gator utilizza per riprogrammare e aggiornare l’Immagine e che costituisce un ponte elettronico tra due strutture digitali come fosse un tunnel: probabilmente era il secchio della spazzatura dove la donna delle pulizie ci ha gettati. In altre parole, siamo scivolati dall’Immagine della Sede in un’altra Immagine collegata alla precedente solo per contiguità di numero». «Non ti seguo più…» fece a bocca spalancata Banco. «Tutti i Gator disseminati nel mondo, come ti spiegavo prima, sono abilitati non solo a mettere in contatto le Immagini fra loro, ma anche, a loro volta, a crearne di nuove. Una volta disegnate, però, non vanno perdute, vengono salvate e catalogate, con un numero che le identifica individualmente – in gergo si chiama ‘NPI’ ovvero Numero Progressivo di Immagine – nell’enorme computer centrale di Fritzmaster che ha inventato tutto questo sistema. Solo lui conosce tutte le Immagini che sono state elaborate dai Gator e la loro rispettiva concatenazione numerica. È una delle invenzioni più sorprendenti di questo scienziato al servizio di Baalzeniah». «Ma tu l’hai conosciuto questo tipo, Fritzmaster, di cui ho sentito parlare anche da IT?» «No, non so neppure che faccia abbia. So solo che ora lavora appunto per il Malvagio». «Senti» continuò Banco «allora i due rom non erano reali…» «No, loro sono reali come noi. Saranno entrati nell’Immagine per sbaglio senza essersene neppure resi conto. Oppure fanno parte di quella nutrita schiera di persone che vengono reclutate dagli Emissari per rendere le immagini più credibili». «E come fa la Banda dei Malvagi a convincere queste persone ad entrare nelle Immagini? Certo non accompagnandole nelle toilette dove sono posizionati i Gator?!?» «No, affatto… gli emissari hanno la capacità di far modificare ad alcuni Gator di basso livello l’ambiente ove sono situati. Così un bagno può diventare un ristorante fuori porta dove il malcapitato va magari a pranzo con la famiglia, oppure un’auto sportiva su cui la vittima sale per fare un giro di prova o ancora, potrebbe essere anche solo una cabina telefonica dove si entra per una normale telefonata. L’emissario crea il contatto e il soggetto viene catapultato nell’Immagine predestinata senza che nemmeno se ne accorga anche perché l’Immagine di destinazione magari è una copia esatta della realtà dove il soggetto pochi secondi prima si trovava. Ma quel che c’è di peggio è che, non sapendo di ‘abitare’ in un ambiente digitale ricreato, il soggetto rimane prigioniero e non può più uscirne». «E che vantaggio ha il Malvagio nel creare le Immagini?» chiese ancora Banco. «Non le crea il Malvagio, ma il Gator, che in realtà, benché sia stato inventato da Fritzmaster, non è un dispositivo dichiaratamente schierato a favore o contro il Malvagio. Il Gator esiste, punto e basta, e crea Immagini per l’una e l’altra parte, senza che sia possibile distinguerle. I Gator, dopo la Rivoluzione gatoriana di qualche anno fa, con scioperi e dimostrazioni anche violente, hanno raggiunto l’indipendenza e l’autonomia dal loro inventore. In cambio di aggiornamenti software gratuiti, espletano per tutti, senza distinzione, il loro servizio di trasporto. E più le Immagini risultano vissute, piene di gente e ricche di vita» continuava a spiegare Tago «più è facile per il Malvagio e i suoi Demoni nascondersi e tendere trappole e tramare ai danni degli esseri umani. Lo stesso vale, più o meno, per la fazione avversa, per la Compagnia, voglio dire, che camuffandosi tra altra gente cerca, non vista, di contrattaccare e difendersi. Insomma è una specie di terra di nessuno, di un mondo alternativo, dove il Bene e il Male si scontrano e si combattono». «E tu come fai a sapere che c’è un Gator in quel bagno?» gli domandò questa volta Tessa, che aveva un po’ di confusione nella testa. «Perché ce l’ho sistemato io. Sono un installatore Gator, provvedo anche a ripararli e a sostituirli, all’occorrenza». «Ho capito…» tagliò corto a quel punto Banco «allora che aspettiamo? Andiamo dal Gator così si torna alla Sede e poi finalmente a casa». Tago si girò verso la roulotte dei rom. I due era usciti fuori e li stavano guardando, del tutto ignari di vivere in un luogo posto al di fuori dalla Realtà. Salutarono ancora i tre ragazzi che si erano incamminati. Strada facendo Tago chiese: «Ma voi due, state insieme?» «Io? Insieme a lui?» sbottò Tessa tra il sarcastico e il divertito. «Banco è solo mio fratello. Io sono libera. Liberissima» ci tenne a chiarire la ragazza facendo gli occhi dolci al suo interlocutore. «Siamo fratelli gemelli» precisò Banco corrucciandosi. «Gemelli? Ma non vi assomigliate per niente». «Lo so, ce lo dicono tutti, non ti preoccupare» disse Banco allungando il passo. Senza scambiarsi altre parole, in poco meno di un quarto d’ora, la giovane compagnia entrò in paese dirigendosi decisa verso il bar indicato da Tago. Ma lo trovarono chiuso. «E adesso?» si informò Tessa. «C’è un altro Gator nelle vicinanze?» incalzò subito il fratello. «Nelle vicinanze davvero no» fu la risposta lapidaria di Tago. «Ma dico…» fece indispettita Tessa che, come al solito, voleva essere polemica «è consentito alla gente non rendere accessibile un Gator, è permesso dalla legge?» «In verità il proprietario non sa che nel suo bagno c’è un Gator. Solo il precedente gestore faceva parte della Compagnia come Socio, ma poi di lui non si è saputo più nulla, per quanto si sospetta sia stato eliminato dalla Banda dei Malvagi: la Direzione ha pensato, però, nonostante il cambio di gestione, di lasciare attivo questo mezzo di trasporto che è l’unico in questa Immagine». «Bene» concluse Banco «bisogna allora andare a cercare dov’è questo signore e fargli aprire assolutamente il locale». Ma Tago, alzando lo sguardo verso il primo piano della casa, urlò ad una persona che stava stendendo i panni: «signora, mi scusi, sa per caso dove posso trovare il proprietario del bar?» «Chi? Quel fannullone? È dentro, sa? Nel giorno di chiusura del locale si barrica all’interno e non c’è verso che venga ad aprire a chicchessia: non uscirebbe di lì neppure se gli scoppiasse una bomba sotto la sedia». «E come mai, signora?» domandò Tago, che aveva l’aria di immaginarne il motivo. «E chi può dirlo… so solo che è sempre depresso, mugugna in continuazione e parla da solo. Il locale è spesso vuoto, e tutti lo credono un po’ toccato. Così il giorno di chiusura se ne sta rintanato lì come una bestiola impaurita». «Ma questo signore ha anche l’alloggio qui o abita altrove?» Banco diede un’occhiata di traverso all’amico. Non capiva dove volesse andare a parare con tutte quelle domande. «Macché!» fece la signora «abita in una bella casa sulla collina… ma da un po’ di tempo non ci va più». «È il Gator!» sentenziò sottovoce Tago «allontaniamoci un po’ e vi spiego…» A Tessa piaceva molto il piglio deciso del ragazzo. Le piaceva quel contrasto tra la voce calma e la concitazione dei movimenti. Soprattutto le garbava quel suo modo sbarazzino di lisciarsi i capelli da un lato quando desiderava prendere in mano una situazione. «Grazie signora!» fece Banco assentendo contemporaneamente a Tago. «Avevate qualcosa da dirgli?» fece la donna gentile, ma anche curiosa. «Glielo posso riferire io domani quando riaprirà… perché prima o poi riapre». «Grazie lo stesso signora, non è importante» ribadì Banco. «La depressione è il tipico segnale di un malfunzionamento del Gator» sussurrò Tago allontanandosi insieme ai suoi due nuovi amici. «Il proprietario, non sapendo di averne uno, non sa a cosa attribuire questo malessere e finisce così per starsene ore ed ore seduto in poltrona ad aspettare che passi». «Malfunzionamento in che senso?» cercò di andare a fondo Banco, sempre più interessato. «Se il Gator non viene utilizzato per un certo periodo di tempo comincia a diffondere nell’Immagine onde depressive, di malcontento, di pessimismo. Chi si trova a poca distanza nel raggio di azione del Gator né è dominato e ne subisce l’influsso negativo». «Ma perché allora il proprietario non se ne va?» «Perché ad essere depresso è anche il Gator, che però non vuole rimanere solo. Le onde che emette convincono il gestore a non allontanarsi dal locale neppure per andare a casa sua dove starebbe senz’altro meglio». «Come fai a sapere tutte queste cose?» chiese la ragazza facendo la civetta. «Sei un’enciclopedia vivente!» esagerò. «Lavoro per la CIA da parecchio, ormai» rispose Tago «nonostante io abbia solo diciassette anni ho accumulato molta esperienza. E poi è un argomento che mi appassiona tantissimo». «In ogni caso bisogna fare in modo che il gestore esca da lì!» convenne Tessa, che si sentiva sempre più presa da quella vicenda e da quel ragazzo. «Senti, Tago, ma se cercassimo quel Varco di Fuga che hai detto esistere tra le Immagini, non saremmo in grado di rientrare subito nella Sede della Compagnia evitando di star dietro all’oste depresso?» «Per sfortuna» rispose Tago scuotendo la testa «si tratta di varchi difficili da individuare. Il Varco per tornare indietro e che non abbiamo visto perché eravamo prigionieri, probabilmente era il bidone della spazzatura della Sede, come vi ho detto, ma poteva anche essere qualunque altra cosa; so che in altre Immagini, sono stati individuati varchi per puro caso in un vaso di gerani, nella presa di una corrente o in una tazzina da caffè. Capisci che sarebbe impossibile trovarlo?» «Hai ragione… cosa potremmo fare allora?» «Io una mezza idea ce l’avrei» rispose subito il ragazzo moro facendo il misterioso. «Davvero?» squittì Tessa facendo un saltino di gioia e baciando di slancio sulla guancia Tago. Tessa era così: una ragazzina esuberante. Ma Tago s’irrigidì guardando un po’ storto la ragazza. Poi riprese il discorso: «Quando IT mi ha liquefatto io stavo andando a controllare uno dei Gator della villa che doveva essere revisionato. Ero sulla porta e ho potuto ascoltare l’emissario che stava facendo il suo rapporto al Malvagio. IT stava in particolare riferendo alcune notizie riservate sul funzionamento della Sede. Io ho cercato di nascondermi, ma lui ha avvertito la mia presenza, si è girato e mi ha visto. Prima che potessi scappare e dare l’allarme mi ha tirato il suo naso da pagliaccio, che mi ha colpito sulla testa rovesciandomi addosso una sostanza che mi ha fatto diventare un liquido in pochi secondi». «Quindi?» dissero Tessa e Banco insieme. «Quindi, ho ancora con me l’apparecchio per riparare il Gator». «Già, bella roba! Ma se hai appena detto che l’oste non sa del Gator, come fai a dirgli che lo vuoi riparare?» osservò Tessa facendo un’espressione di sufficienza. «Io invece ho afferrato dove vuol arrivare Tago» la interruppe Banco. Poi rivolgendosi all’amico: «con quell’apparecchio sei in grado di modificare in qualche modo la situazione. Non è così?» «Esatto!» gli rispose soddisfatto Tago, e s’incamminò verso il bar tirando fuori dalla tasca un qualcosa che assomigliava ad un telecomando. «Ma come siamo intelligenti…» se ne uscì Tessa facendo una linguaccia al fratello. Tago si fermò a pochi metri dalla porta di ingresso del locale e cominciò ad armeggiare. Nel display comparivano numeri e lettere. Il telecomando faceva un mucchio di ronzii e di trilli da telefonino cellulare. «Bene, ora vediamo se funziona…» gongolò tra sé e sé Tago guardando la porta. Tessa e Banco non osavano chiedere che cosa si dovessero aspettare. Passarono alcuni minuti, poi lentamente la porta del bar si aprì. Ne uscì un signore di una certa età vestito da sciatore, con gli scarponi e gli sci a piedi. Aveva la barba non fatta e l’espressione felice stampata sulla faccia. «Sì la neve! Bella la neve! Posso finalmente sciare di nuovo!» L’oste, caracollando con gli sci ai piedi, aiutandosi con le racchette, passò pressoché sui piedi dei tre ragazzi senza curarsi neppure di loro. Quando era già ad una certa distanza Tago, rivolgendosi ai due amici, spiegò: «Ho fatto in modo che il Gator emettesse forti onde elettromagnetiche positive e fiduciose, infondendo concretezza ai desideri ed alle aspettative dell’oste. Poi l’uomo ha evidentemente fatto il resto, aggiungendo il suo desiderio di andare a sciare». «Sei in gamba Tago» si complimentò sincero l’amico. E poiché la porta del locale era rimasta aperta, entrarono uno dopo l’altro con rapidità e, trovato il bagno, vi entrarono. «Senti Tago» chiese ancora Banco che aveva voglia di sapere «ma non sarebbe più semplice visualizzare Franz e Nora qui come ho fatto io in camera mia premendo il tasto verde di chiamata rapida?» «Eh… sarebbe bello» rispose il ragazzo bruno con quella competenza che riusciva sempre a dimostrare ad ogni risposta «per nostra sventura il Gator agganciato a questo lavandino è di terzo livello: può cioè permettere solo di andare da qui alla Sede e dalla Sede a qui e non ha tutte le altre funzioni che il tuo invece evidentemente ha». «Mi han detto che è di primo livello…» «Allora è in grado di fare cose incredibili…come per esempio, che so?, sintetizzare la cioccolata». «Ok, mi hai convinto» fece Banco posizionandosi davanti al lavandino come aveva imparato a fare. Poi si raccomandò con la sorella e l’amico di posizionarsi dietro a lui nel solito modo. Tago e Tessa obbedirono. «Un’ultima cosa prima di andare via…» squittì Tessa. «Che c’è?» fecero Tago e Banco all’unisono. «Ma che ne sarà del nostro povero oste?» «Appena uscirà dal raggio di azione del Gator, si riavrà, rendendosi conto di trovarsi in piena estate vestito di tutto punto per una sciata sulle margheritine. Semplicemente si toglierà gli sci e rientrerà in casa». «E sarà più depresso di prima…» concluse Tessa intristita. «Ah… ci puoi contare» fu lapidario il ragazzo moro «ma magari fra qualche tempo, non subito. Facendo infatti ora funzionare questo Gator, per un po’ non emetterà più onde negative». «Va bene, abbiamo perso fin troppo tempo. Siete pronti?» fece Banco con decisione. Poi, prima di afferrare i due rubinetti, pensò: ‘potrei farlo anche mille volte, ma mi sentirò sempre ridicolo.’ Ricevuto l’OK dai propri compagni di viaggio stabilì il contatto. Per un po’ non successe nulla, poi la luce scontornò le figure dei tre ragazzi che sparirono in un lampo da quell’Immagine.

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